Cade la prima testa in seguito al datagate che ha investito Facebook. Si è dimesso il responsabile della sicurezza delle informazioni, Alex Stamos, che ha parlato di “disaccordi interni” su come affrontare la vicenda e sul modo in cui i vertici del social media hanno gestito la questione delle fake news diffuse attraverso la piattaforma
Le autorità inglesi e americane vogliono perquisire la sede della Cambridge Analytica, la società di che avrebbe aiutato Donald Trump durante le elezioni del 2016 e favorito la campagna pro-Brexit. Per l’Ue è «inaccettabile l’uso di dati personali presi da Facebook per fini politici».
Mark Zuckerberg si trova ad affrontare la più insidiosa delle crisi: il caso riguarda 50 milioni di utenti iscirtti a Facebook che Cambridge Analytica, società inglese di analisi di mercato, avrebbe utilizzato in occasione della campagna elettorale di Donald Trump. Il sospetto è che i dati su 50 milioni di elettori statunitensi siano stati trafugati illecitamente, violando le più elementari norme sulla privacy, per permettere alla datacompany britannica di influenzare il loro voto.
Una vicenda che si somma alle inchieste dei mesi scorsi relative all’utilizzo di Facebook da parte di alcune agenzie informative russe: tramite server collocati nell’este europeo, sono accusate di aver condizionato le elezioni presidenziali 2016 attraverso fake news e articoli rivelatisi non fondati.
Stamos – riporta il New York Times – ha lasciato anche in polemica con il direttore generale del gruppo Sheryl Sandberg, dopo aver più volte esortato i vertici di Facebook a mostrare la massima trasparenza nello scoprire e svelare le attività di disinformazione della Russia sul canale social.
Il titolo Facebook ieri ha perso oltre il 7% a Wall Street.
Riflessi anche in Italia. Michele Anzaldi, del Pd, dice che «la società inglese avrebbe lavorato nel 2012 anche per un partito italiano. L’identikit – aggiunge – farebbe pensare alla Lega».
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