Da qualche giorno, in piazza Della Vittoria a Macomer, campeggia un grande murale che celebra la “Battaglia di Macomer”, l’avvenimento del 1478 che vide la sconfitta di Leonardo Alagon, rampollo discendente in linea paterna da una nobile famiglia aragonese e per parte materna dai Cubello Arborea.
L’opera è della mano di Giulio Ledda, un artista macomerese che si è aggiudicato l’appalto bandito dal comune e che è già noto, in città, per le sue pitture. Il murale è pieno di movimento e colore e rende bene la scena della battaglia. Se però, da un punto di vista artistico non vi è niente da eccepire, qualcosa va detta da un punto di vista storico.
Nei giorni scorsi l’associazione culturale Solene ha organizzato una conferenza dibattito sulla figura di Leonardo Alagon e la battaglia di Macomer. Dalla discussione è emerso che la figura dell’Alagon è stata travisata durante il periodo del romanticismo, epoca in cui, in tutta Italia, si andava alla ricerca dei padri fondatori della patria e Leonardo Alagon fu dipinto come l’ultimo difensore della nazione sarda.
In verità, quando nel 1470, Alagon venne in Sardegna per prendere possesso del Marchesato di Oristano, questo era ciò che rimaneva dell’antico Giudicato di Arborea, trasformato in feudo aragonese. A barattare il giudicato per un feudo, fu lo zio di Leonardo Alagon, Leonardo Cubello, anche egli degli Arborea, che preferì assoggettare ciò che rimaneva dell’antico regno ai dominatori iberici, approfittando dell’assenza dell’ultimo giudice, Guglielmo di Narbona, che era andato in Francia a chiedere aiuti contro i catalano aragonesi. Leonardo Alagon era quindi un feudatario che difendeva le sue proprietà contro il viceré Nicolò Carroz, anche lui discendente in qualche modo dagli Arborea, che lo ostacolò in tutti i modi, ritenendo, a torto, che non avesse i diritti per possedere il feudo.
L’inimicizia si basava anche su rancori di carattere personale. Leonardo Alagon disse sempre che non combatteva contro il re, ma contro il viceré, cercò in tutti i modi di venire a patti con il Carroz e, soprattutto, con il sovrano Giovanni II, avendo come amici e mediatori, nientemeno che il figlio del re Ferdinando II re di Castiglia e Ferrante re di Napoli. Giunse persino a pagare, quasi per intero, la somma di 80000 fiorini richiesta dal re per il feudo.
Difficile quindi sostenere che lottasse per l’indipendenza della sua terra e non per il possesso di un feudo, inteso come quelli di triste importazione catalano – aragonese, che cancellarono il sistema giudicale molto più democratico. Nicolò Carroz, il viceré che sconfisse l’Alagon era anche lui imparentato con gli Arborea, per cui si può dire che, come successo per Leonardo Cubello, la faccenda si risolse con gli Arborea protagonisti e non succubi.
La battaglia si svolse tra il rione di Santa Maria e Bonutrau, e non a valle come spesso si dice. Perse la vita Artale, figlio di Leonardo, che ingenuamente sui gettò nella battaglia abboccando ad una manovra del nemico. Leonardo fuggi, con i figli, a Bosa, dove il vecchio amico Villamari gli voltò le spalle e lo trasse prigioniero in Aragona.
Non fu distrutto nessun castello, primo perché non esisteva alcun castello ma una città difesa da fortificazioni, secondo perché, secondo i testimoni coevi, i vincitori entrarono tranquillamente in città, senza resistenza.
Pier Gavino Vacca
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