Who Am I To Judge? è il titolo della performance/azione che l’artista performer Nicola Mette ha proposto a Londra dopo la sua prima tappa fatta a Cagliari.
Questa frase, che ha fatto il giro dei media internazionali, è stata pronunciata da papa Francesco in risposta a una domanda fattagli, durante un viaggio di ritorno in aereo, da un giornalista in merito agli scandali di pedofilia e agli abusi su minori perpetrati da preti, porporati ed esponenti del clero in varie parti del mondo. La risposta del Pontefice è stata però decontestualizzata e strumentalizzata dai media e mostrata come una sua apertura sul tema dell’omosessualità: in realtà voleva essere semplicemente una presa di distanza dagli abusi e dagli atti di violenza fatti su minori da parte di alcuni esponenti della Chiesa cattolica.
A questa affermazione si aggiungono poi quelle pronunciate poco dopo dallo stesso Pontefice a Tiblisi, con le quali sottolinea che la “teoria gender” rappresenta il più “grande nemico del matrimonio”, e la considera una forma di “colonizzazione ideologica”, una sorta di “guerra mondiale finalizzata a distruggere il matrimonio”. Questo pensiero è chiaramente un’accusa diretta verso chi sostiene e promuove gli studi gender, che mettono a confronto i vari orientamenti sessuali e puntano a garantire un’accettazione e una pacifica convivenza delle diversità nel pieno rispetto della dignità delle persone e senza nessuna intenzione/presunzione di voler sostituire i modelli tradizionali con altri nuovi.
Lo stesso Mette in passato era stato oggetto di illazioni da parte di alcuni sacerdoti per le sue performance teatrali e fotografie di denuncia sull’argomento e oggetto di scherno attraverso alcune scritte anonime a Sindia suo paese d’origine.
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