Nel 2016 viene battuto il record storico raggiunto nel 2015 degli individui in povertà assoluta, che sale da 4 mln e 598 mila a 4 mln e 742 mila (+3,1%), un livello mai raggiunto dall’inizio delle serie storiche, iniziate nel 2005.
A sostenerlo è l’Unione nazionale consumatori, secondo la quale si tratta di «una vergogna, che dimostra che quanto è stato fatto finora per ridurre le diseguaglianze e combattere la povertà è servito a ben poco».
«Per gli individui, l’incidenza passa dal precedente primato del 7,6 al 7,9 per cento. Anche se per le famiglie povere non si è battuto il record del 2013, 1 mln e 641 mila famiglie, rispetto al 2015 si registra un peggioramento notevole, pari al 2,3 per cento», dichiara Massimiliano Dona, segretario dell’Unione Nazionale Consumatori.
«Se invece di sprecare soldi in bonus inutili o, peggio ancora, dati a famiglie benestanti, solo perché non commisurati al reddito Isee, si concentrassero gli stanziamenti su chi ne ha effettivamente bisogno, questo dato sarebbe crollato» prosegue Dona. L’associazione di consumatori ricorda che il bonus di 80 euro, che avrebbe dovuto aiutare le persone con redditi medio bassi, va solo al 28,2% delle famiglie più povere (1 mln e 411 mila le famiglie beneficiarie), contro il 29,6% del quinto più ricco (1 mln e 613 mila famiglia) e, addirittura, il 45,9% di quelle con redditi medio alti (2 mln e 383 mila famiglia), ossia della quarta classe di reddito disponibile. Le cose vanno un po’ meglio per la quattordicesima, anche se ne beneficiano di più i redditi medi della terza classe (733 mila famiglie) rispetto ai più poveri del primo quinto (570 mila famiglia), persino rispetto all’importo medio annuo, 280 euro contro 267.
«Una situazione assurda e paradossale. Basterebbe che gli stessi soldi venissero spesi meglio per contrastare seriamente la povertà. Il Reddito d’inclusione, che secondo il comunicato del Governo del 9 giugno dovrebbe andare, nella prima fase, ad appena 500 mila famiglie, ossia ad appena il 30,9% dei poveri assoluti, stanzierà importi vergognosi, da un minino di 190 a un massimo di 485 euro per le famiglie più numerose con 5 componenti. Insomma, si può e si deve fare di più», conclude Dona.
La posizione professionale della persona di riferimento incide molto sulla diffusione della povertà assoluta. È quanto rileva l’Istat nel report “La povertà in Italia” relativo al 2016. Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, l’incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti. Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e ritirata dal lavoro (3,7%). Come negli anni precedenti l’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata.
«Purtroppo anche quest’anno i dati Istat dimostrano che non si è riusciti a fare nulla per far diminuire il numero dei poveri in Italia, che continuano a essere troppi, soprattutto tra i minori. Si tratta di persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita minimamente accettabile e legato a un’alimentazione adeguata, una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per la salute».
A sottolinearlo è Marco Lucchini Segretario Generale Fondazione Banco Alimentare Onlus.
«È necessario quindi accelerare i tempi d’attuazione delle misure decise dal Governo perché il contributo di Banco Alimentare con oltre 80.000 tonnellate di cibo distribuite e il lavoro giornaliero delle 8.000 strutture caritative con noi convenzionate è riuscito ad arginare la crescita del fenomeno, ma solo una collaborazione concreta e politiche di contrasto forti, sociali e del lavoro, in un’alleanza fattiva tra attori pubblici e privati, potrà far diminuire il numero di indigenti permettendo a queste persone di avere una speranza per ricominciare», conclude Lucchini.
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