Tutti e dieci i capi abbattuti nell’allevamento di Talana dopo l’ultimo caso di peste suina africana, sono risultati positivi all’infezione. Lo si apprende dal servizio di sanità animale della Asl di Lanusei, diretto da Gino Garau, a seguito dei risultati delle analisi.
Dal 4 marzo scorso è stata attivata l’unità di crisi locale per scongiurare il diffondersi della patologia attraverso le misure di sicurezza previste dalla normativa. Oltre all’abbattimento, smaltimento delle carcasse dei maiali e misure di disinfezione, sono state istituite una zona di protezione, nel raggio di tre chilometri dal focolaio, e una di sorveglianza, nel raggio di 10 chilometri, in quest’ultima sono presenti circa 200 allevamenti.
I controlli sull’azienda ricadente nella zona di protezione hanno escluso la presenza del virus.
Ulteriori esami clinici e di laboratorio sugli allevamenti dovranno essere effettuati a distanza di 40 giorni dalle operazioni preliminari di pulizia e disinfezione dell’azienda in cui è stato riscontrato il caso. Solo a quel punto, se non saranno rilevati nuovi focolai, cesserà l’applicazione delle misure di sorveglianza. Alessandro De Martini, responsabile dell’Unità di progetto per l’eradicazione della peste suina africana (Psa) della Regione, ricorda l’importanza delle regole: «chi non le rispetta – spiega – chi non segue le norme di protezione e di igiene, chi non emerge dall’illegalità perseverando nell’allevamento brado, oltre a danneggiare se stesso, mette a repentaglio e danneggia il lavoro di chi si sforza ogni giorno per mantenere gli allevamenti in sicurezza e contribuire a debellare definitivamente la Psa in Sardegna. Per chi opera nella legalità e investe in allevamenti protetti e di qualità sono poi previsti diversi incentivi». Gli allevatori, incalza De Martini, «devono alzare il livello di guardia in presenza di focolai sospetti o confermati e sottoporre i suini ai controlli sierologici ogni volta che i veterinari lo ritengono opportuno».
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