Tra le città più care Tempio Pausania e fra quelle con costi meno proibitivi Tortolì
Cibi di qualità, pulizia adeguata ma troppo rumore nei locali; poi tariffe elevate che pesano su tante rinunce dei genitori e sulle richieste di portare il pasto da casa: questo un primo identikit delle mense scolastiche italiane secondo Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma, presso l’auditorium della Confederazione italiana agricoltori (Cia), a margine dell’evento ‘Mensa a scuola: costi, qualità e… nuove prospettive?”.
Naturalmente lo studio dice anche molto di più: ad esempio che dal punto di vista strutturale la situazione non è proprio rosea, se è vero, a quanto risulta, che più di 1 mensa su 3 non ha impianti anti incendio e elettrici adeguati, 1 su 10 è fatiscente, 1 su 5 non è abbastanza spaziosa e solo la metà risultano essere accoglienti e ben arredate.
Per non parlare poi del fatto che quasi 1 scuola su 4 è priva del tutto di un locale mensa. Inevitabile il capitolo tariffe: come accennato queste pesano in maniera rilevante sui portafogli delle famiglie, con una media annua di 700 euro, vale a dire poco meno di 80 euro al mese, non propriamente sostenibili per tutti i nuclei familiari.
Dalle rilevazioni di Cittadinanzattiva risulta poi che in circa metà degli istituti scolastici è attiva una ‘Commissione mensa’, che però non è molto conosciuta come organo di controllo e partecipazione. Infatti, viene sottolineato, solo la metà dei docenti (53%) e quasi due terzi dei genitori (64%) è al corrente dell’esistenza o meno di questa struttura all’interno dell’istituto.
Lo studio accende i riflettori anche sui costi, un capitolo che – come spesso accade – fa emergere forti discrepanze fra Nord e Sud.
A Nord le tariffe più costose (94 euro mensili sia per l’infanzia che per la primaria), seguito dal Centro (94 euro per l’infanzia e 78 per la primaria); meno caro il Sud, rispettivamente con 64 e 67 euro. Lo studio, è stato realizzato in 79 scuole di 13 regioni, sulla base di 221 indicatori e quasi 700 interviste, di cui 482 a bambini.
COSTI: a livello regionale svetta l’Emilia Romagna, con una spesa media di oltre 1.000 euro l’anno, a cui fa da contraltare la Calabria, con circa 500. Fra i capoluoghi di provincia Livorno e Ferrara occupano il primo posto nella top ten delle città più care, con 128 euro di retta media mensile, poi Parma (123,60 euro), Reggio Emilia (122,40), Rimini (120), Forlì e Pesaro (118), Potenza (113,20), Piacenza (111,20) e Tempio Pausania (108,80 euro). La graduatoria delle città meno care è guidata da Barletta (32 euro di retta media mensile), seguita da Reggio Calabria (40), Ragusa (44), Tortolì, Isernia e Roma (45), Catania (46), Latina (46,20), Benevento (47,60) e L’Aquila (49,60). LA MENSA CHE NON C’E’: Su 79 scuole che erogano il servizio di ristorazione scolastica ben 18 non dispongono di un locale mensa, quasi 1 su 4 (23%). I bambini mangiano in altri locali, prevalentemente gli atri degli edifici scolastici e le aule utilizzate per le lezioni ordinarie.
MENSE PERICOLOSE? più di una su tre ha l’impianto elettrico e antincendio per nulla o solo parzialmente adeguato; oltre un terzo (37%) non ha porte con apertura antipanico; una su 10 ha segni di fatiscenza e poco meno (8%) presenta distacchi di intonaco.
BELLO MANGIARE IN COMPAGNIA, MA CIBO MONOTONO. A 2 bambini su 3 piace mangiare con i compagni (64%), ma 1 su 3 (36%) non ama mangiare a mensa perché il modo di cucinare non cambia (71%), il cibo è sempre lo stesso (57%), le porzioni sono scarse (48%), l’ambiente è triste (37%) e vi mangiano solo alcuni compagni (27%). Inoltre solo 1 bimbo su 10 dice di mangiare tutti i cibi serviti, mentre un terzo confessa di mangiarne solo alcuni. I più amati risultano essere gelato e pizza (66%), pane e carne (65%), frutta fresca (57%) e pasta in bianco (53%); quasi detestate (60%) le verdure (soprattutto cotte o nelle minestre) e il pesce (47%).
MENU TRASPARENTE L’86% dei bambini non conosce la provenienza dei prodotti, mentre fra i docenti la conoscenza è più diffusa: solo il 43% ne è ignaro, poco più della metà (56%) ritiene che sia rispettata la stagionalità dei prodotti e 1 su 3 dichiara che vengono usati cibi biologici.