In questa video intervista esclusiva per Cronache Nuoresi, Alberto Gazale, artista sassarese ritenuto uno dei più prestigiosi baritoni che attualmente calcano con successo i palcoscenici dei più importanti teatri di tutto il mondo, racconta al giornalista Michele Pintore la propria straordinaria avventura artistica iniziata da giovanissimo sotto la guida del soprano nuorese Antonietta Chironi (1939 – 1996)
Il nostalgico ricordo dell’indimenticata maestra a 20 anni dalla sua prematura scomparsa nelle toccanti parole del suo ex allievo. L’affermato cantante lirico sassarese, ora anche nella veste di apprezzato direttore artistico e regista, presenterà in anteprima martedì 16 agosto al “Museo del mare” di Stintino il suo film Prologo Rusticano.
Alberto, quando e come sono stati i primi approcci con il canto? Accostarsi al canto è stato per me naturale, affascinato com’ero del suono della voce impostata volevo in verità scoprire i segreti della tecnica. Cantavo nella chiesa della mia città, e da buon perfezionista volevo migliorare e capire. Sono forse nato con un dono di natura e non ho dovuto cercare né l’estensione né il colore, ma capire e imparare alcuni meccanismi fondamentali. Sentivo una gioia immensa nell’esprimere ciò che avevo dentro il cuore. Ho iniziato lo studio del canto a 18 anni, l’età giusta, ideale quando la laringe è ancora in formazione ma sufficientemente robusta per supportare il duro lavoro della tecnica. Quando avevo 20 anni, preferivo cantare davanti ad un pubblico piuttosto che parlare. La mia timidezza mi teneva paradossalmente sicuro, e col canto sentivo di avere capacità di comunicare. Non ho mai avuto paure particolari. Non ho certo iniziato questo cammino pensando di trasformarlo nel lavoro che mi avrebbe consentito di mangiare e di vivere bene. Poi la vita mi è venuta incontro in maniera inaspettata e mi ha reso felice. La mia grande fortuna era quella di non avere avuto la smania di cantare, e i soldi non sapevo neanche si potessero guadagnare col canto. Credo di essere un’artista nel senso puro del termine, ogni mattina è dedicata alla ricerca e votata all’espressione, e credo che finché avrò la forza non smetterò di cercare di partire per esplorare nuovi percorsi.
Quando hai scoperto di avere una voce baritonale? Ho iniziato immediatamente nella mia corda di baritono, pur avendo un’estensione che mi avrebbe anche consentito di cantare nella corda tenorile, visto che ancora oggi salgo fino al do, do diesis senza particolari problemi. Devo dire che il mio maestro Gianni Mastino, non ebbe dubbi sin dal primo giorno. Quando mi obbligò a fare l’iscrizione al Conservatorio e fece delle previsioni che poi si avverarono tutte. Un giorno mi disse: “ a 28 anni debutterai in Rigoletto”, e io a 28 anni ho cantato il mio primo “Gobbo”. Mi disse inoltre: “già oggi saresti un Figaro perfetto”, e fu un ruolo che mi accompagnò per tutta la prima parte della mia carriera artistica”.
Quando arrivò il primo grande debutto internazionale? Il debutto è arrivato prestissimo, a 23 anni a Tokyo col Teatro Lirico di Cagliari, e lo stesso anno con l’opera Traviata a Mantova. Io, allora ventitreenne nella parte di Germont padre, avevo un Alfredo che in scena avrebbe dovuto essere mio figlio, di circa 60 anni (neanche troppo malcelati). Se però devo trovare un grande debutto che mi ha lanciato a livello internazionale, penso al 1998, quando il maestro Daniel Oren mi scelse per inaugurare l’Arena di Verona col Ballo in maschera.
Questa produzione ebbe un tale successo che mi fece conoscere al mondo intero. S’interessò a me il maestro Riccardo Muti, che mi volle per un Rigoletto del Teatro alla Scala in Giappone, e qui nacque un sodalizio che si interruppe solo quando Muti abbandonò il teatro scaligero. Con il maestro Oren iniziò un legame strettissimo e con lui ho cantato le opere più importanti del mio repertorio in tutti i maggiori teatri del mondo. Sarei però ingrato se non dicessi che è stato il grande tenore Carlo Bergonzi a innamorarsi della mia voce, a lavorare su di me e a credere che avrei potuto raggiungere queste vette apicali per me incredibili. Fu lui che mi fece debuttare col grande pubblico del Teatro Regio di Parma, facendomi diventare un loro pupillo.
Quali sono i tuoi ruoli preferiti? Amo tutti i ruoli che interpreto, parto dalla drammaturgia; certo è innegabile che ve ne siano alcuni più particolari e quindi più interessanti. In genere ho lavorato molto sulla recitazione, avendo come maestri gente come Zeffirelli, De Ana e Montaldo, solo per citarne alcuni, e credo che la cosa meravigliosa sia proprio imparare a svestirsi dei panni di un personaggio per indossarne subito un altro. Rigoletto ha accompagnato la mia carriera, e ho imparato tanto da questo ruolo che impone una postura straordinariamente difforme e un canto di una nobiltà sublime. Amo il Verismo perché è diretto nella recitazione e permette all’interprete un adattamento molto lineare. Ma in verità amo sempre il personaggio che sto interpretando, come un figlio, e fra tanti figli l’amore va diviso.
Il baritono Alberto Gazale ha un sogno nel cassetto? Alberto non ha sogni nel cassetto, se non quello di essere se stesso sulla scena. Adesso con la maturità voglio essere più incisivo nella definizione dei personaggi che interpreto e desidero essere più libero nelle scelte interpretative. Per questo motivo il mio interesse per la regia è un passo naturale verso il compimento del ciclo artistico.
Sei ormai un affermato cantante in tutto il mondo, canti spesso anche in Sardegna? Canto il giusto, canto in tutto il mondo e la Sardegna fa parte del mio mondo. Mi piacerebbe essere più presente in Sardegna ma per portare il mio contributo di esperienza e stimolare quanto mi sarà concesso, questa terra straordinaria verso un cammino di creazione di eventi culturali. Vorrei aggiungere a ciò che già succede, tante attività di tipo capillare che potrebbero portare questa terra mia a sfruttare la sua fortunata vocazione turistica. Credo che non sia vietato e non faccia peccato a lavorare per far diventare la Sardegna un faro culturale d’avanguardia. Non dobbiamo mai dimenticare di essere nati nella terra più bella del mondo.
Quante opere hai attualmente in repertorio? Attualmente ho in repertorio circa 75 opere, che spaziano da Monteverdi a Dallapiccola, passando per il “cuore” della mia attività che è il tardo romanticismo adatto alle mie caratteristiche vocali. Frequento con maggiore frequenza quegli autori che richiedevano il massimo delle possibilità vocali ad un interprete. Ma ho ancora spazio per nuove sfide.
C’è un baritono che preferisci tra i grandi nomi del passato e del presente? Non sono un “melomane”, soffro a stare dall’altra parte del palco o ascoltare dischi di opere, anche perché per fortuna non ho molto tempo. Ovviamente ho una conoscenza precisa delle voci storiche , ma amo l’attualità. Ho sempre avuto una profonda ammirazione per Renato Bruson, e ascolto stupito Gobbi e Bastianini per bellezza e interpretazione. Oggi è difficile entusiasmarsi perché mancano le grandi personalità sul palco. L’opera può e deve essere fatta anche dai giovani, ma non da cast interi acerbi. Questo meccanismo cercato per risparmiare, disaffeziona il pubblico e finisce per avere un progressivo atteggiamento dissacratorio di chi si accosta a questa somma arte come spettatore. Chi va all’opera vorrebbe dei giganti sul palco e questo oggi succede di rado. Sempre nomi nuovi e sconosciuti, che durano la fiamma di un cerino.
Conosciamo Alberto Gazale cantante lirico di successo, ma ultimamente ti scopriamo anche nelle vesti di direttore artistico e regista, che cosa succede? Succede che come accennavo prima, nel percorso naturale di un’artista esiste un momento in cui si ha la necessità di dare un senso al proprio percorso. Oggi Alberto ha bisogno di lasciare un segno del proprio passaggio. Sono stato coinvolto in numerosi grandi progetti, che hanno come interesse la ricerca nel campo della comunicazione e soprattutto dello spettacolo. Al MUT, Museo del Mare di Stintino appena inaugurato, il giorno 16 agosto presenterò il mio film Prologo Rusticano, e parlerò ed esporrò alcune novità sulle quali sto lavorando. Oggi l’opera, se non vuole perdere il filo deve essere all’avanguardia nella ricerca. Attingere e valorizzare il passato con tutto ciò che oggi le nuove tecnologia consentono. Ho diretto il Festival “Le Terre del Sole” a Taormina, rassegna che ha avuto un’incredibile consenso di pubblico. Un progetto itinerante che coinvolge tanti importanti siti del mondo, da Efeso fino a Taormina. Sono stato regista non solo del film ma anche dell’opera
Cavalleria Rusticana e dei Carmina Burana rappresentati in un’inedita forma scenica. Stiamo lavorando alla prossima stagione, e questa volta sul supporto delle istituzioni siciliane che hanno individuato in noi una risorsa. Abbiamo avuto pubblico da ogni parte del mondo e consensi unanimi, insomma un successo!
Michele Pintore
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