Si intitola Canzoni della Cupa, l’ultima fatica discografica di Vinicio Capossela, artista eccentrico alla costante ricerca di storie fantastiche da raccontare, alla sua maniera, a patto che siano ben radicate nella tradizione e decantate nell’immaginario di ognuno di noi.
Già, ricerca delle radici, perché proprio di questo si tratta, della ricerca delle proprie radici, lui che, nato ad Hannover, cresciuto in Emilia Romagna e oggi milanese di adozione, queste le ha in Irpinia e avendole respirate da lontano ha voluto fortemente rintracciarle reinventandole.
L’incontro con Vinicio Capossela al Teatro Eliseo (© foto S.Novellu)
Un percorso di ricerca durato ben 13 anni e che ha preso piede proprio in Sardegna, nel “villaggio western” di San Salvatore (nel profondo Sinis), dove nell’estate del 2003 sono state registrate le prime tracce del disco e le cui suggestioni sono ben presenti in brani come Componidori.
«Uno studio della tradizione – precisa Vinicio – senza valenze etnologiche» ma per il quale la disciplina è stata approfondita in loco con la raccolta di antichi canti come La padrona mia, tipico delle raccoglitrici di tabacco del Salento, o brani di cantori sconosciuti ai più ma ben noti oltreoceano come Matteo Salvatore e approfondita poi in un’ altra terra di confine, il West americano di Flaco Himenez, dei Calexico e dei Los Lobos.
Uno studio confluito non solo in musica ma anche in pagine di letteratura con l’opera Il paese dei Coppoloni
Canzoni della Cupa presentato a Nuoro è un doppio album uscito lo scorso 6 maggio, i cui due dischi interni si intitolano rispettivamente Polvere e Ombra. L’incontro di martedì sera all’Eliseo, più che un’occasione per presentarlo, è stato un vero e proprio omaggio alla nostra Isola.
Capossela non si è certo risparmiato, dopo una lunga conversazione con un emozionato Graziano Canu – giornalista che ha introdotto la serata, voce e chitarra come nella migliore tradizione dei folk singer, si è esibito in alcuni brani dell’album – tra cui il citato Componidori – concedendo poi due “bis” accompagnato al sax soprano e a sa oche dell’amico Gavino Murgia, con il quale ha intonato Brucia Troia, brano tratto dal Ovunque Proteggi, nel cui video ufficiale Vinicio indossa una delle nostre maschera più tipiche, quella del Boe di Ottana. A questo proposito Capossela ha ricordato un aneddoto legato alla registrazione di quel disco, avvenuta anch’essa in parte in Sardegna, all’interno della grotta di Ispinigoli, dove il chitarrista che lo accompagnava, lo statunitense Marc Ribot, «dopo abbondanti bevute di Cannonau, vedendomi apparire vestito di pelli e con quella magnifica maschera sul viso pensò che di trovarsi al cospetto del mitologico Minotauro».
Chiusasi tra dediche e autografi, quella di martedì è stata un’occasione ghiotta per i numerosi fan raccoltisi sulle platee dell’Eliseo, che certo non ne dimenticheranno facilmente le suggestioni e le emozioni trasmesse dall’estro schivo ma ammaliante dell’artista.
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