A Nuoro l’ultima azienda, in ordine di tempo che abbassa la saracinesca è la Casa del Formaggio
I titolari lo hanno comunicato venerdì scorso con post stringato attraverso il social network più famoso del mondo: «Non ce l’abbiamo fatta, chiudiamo».
Nell’assoluta indifferenza delle istituzioni regionali che hanno abbandonato il territorio centrale della Sardegna, i dati del primo bimestre 2016 diffusi da Confesercenti confermano che oltre un centinaio di aziende tra la provincia di Nuoro e dell’Ogliastra hanno chiuso i battenti.
Numeri che avvalorano il trend in atto negli ultimi anni spazzando via i timidi segnali di miglioramento riscontrati nel corso del primo semestre 2015.
La Confesercenti ha pressoché monitorato tutti i settori, dal commercio al dettaglio, all’alloggio e somministrazione, presentando, infine i saldi negativi tra iscrizioni e cancellazioni.
Meno 43 imprese del commercio al dettaglio (13 iscrizioni a fronte di 56 cancellazioni), meno 12 aziende del settore alloggio e somministrazione (11 iscrizioni, 23 cancellazioni) e meno 7 intermediari del commercio (4 iscrizioni e 11 cancellazioni).
Non fa eccezione il commercio su area pubblica (meno 3 aziende frutto di 2 iscrizioni e 5 cancellazioni) che invece negli ultimi quattro anni ci aveva consegnato saldi costantemente positivi.
«È evidente, quindi, che la deflazione e la contrazione dei consumi stanno letteralmente distruggendo il tessuto imprenditoriale dei comparti di nostro riferimento» commenta Dario Capelli presidente della Confesercenti; qui non si tratta di fare i catastrofisti, ma è evidente che i dati ci confermano l’impossibilità delle imprese a reggere un mercato condizionato esageratamente da una contingenza economica negativa».
«Preoccupa soprattutto il fatto” continua Capelli “che le aperture del primo bimestre 2016 (13 commercio al dettaglio e 11 alloggio e somministrazione) siano tornate agli stessi livelli del corrispondente periodo dell’anno 2014 (10 commercio al dettaglio e 13 alloggio e somministrazione), in controtendenza rispetto ai primi mesi del 2015 dove invece si registrava un più alto tasso di aperture di nuove imprese».
«Questa» conclude Capelli «è una tendenza pericolosa che non può essere invertita senza una robusta ripresa dei consumi interni».
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la gente senza un lavoro non consuma,