Cinema in lutto: è morta a 90 anni Silvana Pampanini

Sonia

Cinema in lutto: è morta a 90 anni Silvana Pampanini

giovedì 07 Gennaio 2016 - 09:48

Lutto nel mondo del cinema: Silvana Pampanini è morta alle 9,30 di ieri al Policlinico Gemelli di Roma, dov’era ricoverata da metà ottobre in terapia intensiva, dopo essere stata sottoposta a un’operazione di chirurgia addominale d’urgenza.

Nota prima della Lollobrigida e di Sophia Loren, l’astro di Silvana Pampanini non fu certo una stella cometa ma una stella luminosa che attirò registi famosi, attori di grido, principi e magnati in una ridda di successi commerciali, applausi internazionali, flirt sempre annunciati e sempre smentiti, compreso quello romantico di Totò, che per la bellissima attrice provò un sentimento profondo e mai veramente ricambiato.

Nata a Roma il 25 settembre del 1925, romana ma di famiglia veneta, Silvana Pampanini doveva essere cantante nel segno di una zia celebre, la soprano Rosetta. Diplomata all’istituto magistrale e al Conservatorio di Santa Cecilia la ragazza aveva una vera propensione al canto, tanto da aver tenacemente conservato la sua voce in tutti i film in cui i suoi personaggi cantavano, mentre tante brave doppiatrici si sostituirono sempre a lei per darle voce nei film più celebri. Invece le cose cambiarono in una sola notte quando la sua maestra di canto la iscrisse a sua insaputa al primo concorso di Miss Italia, a Stresa nel 1946.

Sconfitta dalla giuria fu recuperata a furor di popolo dal pubblico, tanto da obbligare gli organizzatori del premio ad attribuirle un “ex aequo” che ne fece subito una ragazza-copertina sui rotocalchi. Il passo verso il mondo dorato della celluloide, amplificato dai fotoromanzi e dalle prime indiscrezioni sentimentali fu brevissimo tanto che nello stesso 1946 Silvana otteneva il primo ruolo a Cinecittà nell‘Apocalisse di Giuseppe Scotese. A questo seguirono titoli quali I pompieri di Viggiù di Mario Mattoli; 47 morto che parla di Bragaglia con Totò; Bellezze in bicicletta di Carlo Campogalliani.

Grazie all’abile guida del padre che ha lasciato il lavoro per farle da agente, l’attrice non abbandona però Cinecittà e anzi si afferma in un cinema più “serio” grazie ad autori come Luigi Zampa (“Processo alla città”), Luigi Comencini (“La tratta delle bianche”), Pietro Germi (“La Presidentessa”), tutti del 1952. Un anno dopo è il maestro del melodramma neorealista, Giuseppe De Santis a incoronarla come icona del miglior cinema popolare in “Un marito per Anna Zaccheo” e la rivorrà nel 1958 per “Una strada lunga un anno”.

Dotata di una allegra autoironia come si vede bene nel “cammeo” regalato ad Alberto Sordi ne “Il tassinaro” (1983) è sempre stata anche una spiritosa polemista come quando si scagliò contro la “presunta erede” Gina Lollobrigida, rea di essersi sposata con un uomo molto più giovane, o come quando attaccò il sindaco di Roma, Walter Veltroni per averla ignorata al tempo della Festa del Cinema. Occhi da tigre, bocca di fragola, curve “pericolose” e allegra sfrontatezza ne fecero un’icona: oggi diventa un ricordo per un’Italia che non esiste più da tempo.

L’attrice, 90 anni, si era ripresa dopo l’intervento chirurgico cui era stata sottoposta ma ha poi sofferto complicanze dovute anche all’età che l’anno portata alla morte ieri.

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