Firino: «l’identità non è un concetto statico ma qualcosa che si costruisce giorno per giorno»
Ieri mattina l’ISRE (Istituto Superiore Regionale Etnografico) ha inaugurato a Nuoro il nuovo Museo del Costume.
L’evento è stato preceduto da un incontro all’Auditorium Giovanni Lilliu dove, fare gli onori di casa è stato il presidente Bruno Murgia. Erano presenti, inoltre, il sindaco della città Andrea Soddu, l’assessore alla Cultura Claudia Firino e l’ex direttore generale Paolo Piquereddu.
«L’ISRE è la casa dei sardi e della loro identità» questo il sunto dell’introduzione di Bruno Murgia, che ha fatto la cronistoria dell’attuale restauro dell’edificio, citando tutte le figure che vi hanno partecipato e che operano attivamente nell’Istituto.
Il progetto di restauro, opera dello studio dell’architetto Mimmia Fresu, è costato in totale cinque milioni di euro con una durata dei lavori di quasi 13 anni. Undici le sale allestite e otto quelle temporanee, distribuite su tre piani, delle quali due sono state destinate alla ristorazione e ai workshop.
«La storia del Museo Etnografico – ha esordito Andrea Soddu – risale agli anni Trenta del Novecento per quanto la prima pietra sia stata posata solo nel 1956. Personalmente sono orgoglioso di ospitare nella mia città un museo che miscela storia e identità. Ho avuto modo di visitarlo in anteprima qualche giorno fa e il vedere come la nostra identità sarda sia stata elevata a livello universale mi ha fatto venire la pelle d’oca. Possiamo vantarci di ospitare a Nuoro i tesori di tutta la Sardegna e sono sicuro che la riapertura del nuovo Museo contribuirà a far muovere anche l’economia. Si tratta di un patrimonio non solo di tutta la Sardegna ma anche di tutta Italia; a un progetto simile hanno lavorato amministrazioni di diverso colore succedutesi nel tempo, ognuna delle quali ne ha fornito il proprio contributo.
Lo storico direttore dell’ISRE Paolo Piquereddu nel corso del suo intervento ha ripercorso nel dettaglio la storia del museo precisando che questa storia è stata possibile solo grazie al costante contributo economico della Regione.
Piquereddu ha poi sintetizzato così l’itinerario di visita del nuovo allestimento: «la prima sala è un’introduzione alla Sardegna, dalla Preistoria agli anni Cinquanta, quando avvenne il passaggio epocale alla cultura preindustriale. Segue una seconda sala che vuole essere un’introduzione all’etnografia: qui sono presentati reportage dei viaggiatori dell’800 che descrivono usi e costumi dell’Isola. In questa sala è presente anche un omaggio al primo nucleo di interesse etnografico acquistato dalla Regione, la collezione Colombini, con la sua raccolta di cartoline postali illustrate.
Gli ambienti successivi sono dedicati alle tre principali attività dei sardi (pastorizia agricoltura e pesca); al paese, luogo delle attività femminili, soprattutto panificazione (sono esposti pani che hanno ormai anche cinquanta anni) e tessitura». A questo proposito, l’ex Direttore ricorda l’aneddoto della visita al museo di Costantino Nivola, che lo definì un museo al femminile, data la grande presenza di oggetti fatti da e per le donne., e volle omaggiarlo col dono di alcune statuine in terracotta.
«Al piano superiore il vero fiore all’occhiello: la grande collezione di costumi della Sardegna. Qui c’è anche la ricostruzione di una cumbessia dove sono ambientate alcune delle attività della cultura agropastorale, e un omaggio a Giuseppe Biasi la scomposizione di una sua opera, i cui personaggi sono stati estrapolati e ambientati. Il museo – ha concluso – vuole essere un luogo in cui tornare per rivedere quanto abbiamo conosciuto, per riconoscere delle cose e in queste riconoscersi».
La notizia della giornata è stata la conferma della prossima pubblicazione dell’opera omnia del Nobel Grazia Deledda, come spiegato da Aldo Morace (docente dell’Università di Sassari nonché membro del comitato tecnico scientifico), un lavoro voluto dal Ministero dei Beni Culturali. «Il progetto prevede che tutto lo scibile riguardante la Deledda, la massima autrice sarda di ogni tempo, sarà elaborato a livello nazionale, collocandola quindi istituzionalmente al fiano dei massimi autori italiani, e ripubblicato in maniera organica, con la particolarità che ogni cosa sarà messa on line e, dunque, resa fruibile a tutti».
Dopo un breve saluto dell’assessore alla Sanità Luigi Arru e la lettura di un messaggio dell’ex direttore Cristiana Collu, è stata la volta dell’assessore regionale alla cultura Claudia Firino: «mi sarebbe piaciuto che nelle prime file ci fossero stati i ragazzi in quanto credo che questo spazio debba essere destinato proprio a loro. Vorrei che i musei diventassero luoghi dinamici, attraverso laboratori e quant’altro e fossero frequentati abitualmente dai giovani. L’identità non è un concetto statico ma qualcosa che si costruisce giorno per giorno ecco perchè è importante catturare la loro attenzione».
«A Nuoro c’è una ricchezza e una vivacità culturale invidiabile, ma non è più il tempo della convivenza di tante piccole realtà assestanti – conclude Firino – bisogna fare rete. Quello che si sta sperimentando a Nuoro è per tutta la Sardegna, auspico, dunque, che questo museo diventi un punto di riferimento per tutta l’isola».
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20 anni fa si poteva visitare il Museo del Costume come noi nuoresi abbiamo sempre chiamato quella costruzione verso Santo Onofrio. Nessuno ha diritto di vantarsi per una cosa che c’era già, che non ha valorizzato e quindi si è degradata. Ora vogliono convincerci di essere stati loro a crearla. Ben vengano i progetti ma non siate ipocriti.