L’esperto Michele Pintore fa il punto sul “falso scoop” di “A diosu”, versione per voce femminile
Sarule, patria dell’avvocato-poeta Salvatore (Vadore) Sini, il 4 ottobre scorso, con un convegno di studi dal titolo A diosa – Non potho reposare, Un canto d’amore per la Sardegna, organizzato dall’Amministrazione comunale e dal Coro Vadore Sini, ha voluto degnamente ricordare il proprio illustre figlio, in occasione delle celebrazioni per i cento anni di A diosa, la sua poesia più famosa, poi messa in musica dal maestro Giuseppe Rachel, che con il titolo di Non potho reposare, entrata a far parte della nostra storia, tanto da essere ormai considerata la nostra colonna sonora.
Al convegno, aperto dai saluti del Sindaco di Sarule Mariangela Barca e dell’Assessore alla cultura Simonetta Ladu, sono intervenuti come relatori: il giornalista Michele Pintore, l’etnomusicologo Roberto Milleddu, il linguista Simone Pisano, l’antropologo Bachisio Bandinu, l’etnomusicologo Marco Lutzu e il musicista Alessandro Catte.
Simonetta Ladu, Assessore ala culture, qual’è lo scopo di questo convegno?: «A cent’anni di distanza dalla composizione della poesia A diosa – ha dichiarato l’assessore – come sarulesi non potevamo mancare a questo appuntamento per rendere omaggio non solo a un nostro compaesano ma soprattutto a uno scrittore, poeta, drammaturgo instancabile e meticoloso; e alla sua opera conosciuta e cantata in tutto il mondo. Oggi siamo qui – ha aggiunto Ladu – per gettare le basi affinché le attività realizzate in quest’anno rappresentino il punto di partenza per promuovere, in futuro, iniziative e attività volte a far conoscere il pensiero e le opere del poeta e divulgare il suo messaggio culturale, storico e umano, e un convegno di questa portata con relatori di qualità eccezionale dal punto di vista musicale, storico, antropologico e linguistico, che vuole rendere il giusto onore non solo alla canzone d’amore più bella della Sardegna, ma anche a un documento linguistico e musicale di “sardità”».
Michele Pintore, giornalista e cultore di storia locale, che cosa rappresenta per Nuoro e per la Sardegna A diosa, ovvero Non potho reposare?: «Non potho reposare, non è soltanto quella bellissima canzone che ormai tutti nel mondo conoscono; per noi è molto di più, è parte di noi stessi, come un nostro inno identitario che da un secolo accompagna la nostra storia».
Come cultore di storia locale lei ha studiato la storia di questa canzone. Come è nata?: «Premetto che ho condotto le mie ricerche consultando manoscritti originali, i diari del poeta Salvatore Sini e i giornali dell’epoca. Nel suo diario, il poeta con puntigliosa precisione a un certo punto riporta “Nuoro 23/7/1915 ore 15,50 a ore 16, A diosa. Non potho riposare amore e coro…” e così via. Qui inizia la storia di A diosa. In quell’estate del 1915, a Nuoro come in tutto il resto d’Italia si vivevano giorni tristi a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. I giovani richiamati nuoresi e del circondario, tra strazianti scene di dolore abbandonavano il tetto natio, gli affetti familiari e la donna amata per partire per il fronte. Il poeta a un certo punto del suo diario scrive: ”25 settembre 1915. Piovette dirottamente. Mi sento sempre male. Gli studenti Marongiu e Debernardi sono venuti alle ore 21,30 per chiedermi un lavoro drammatico (Sini era anche un drammaturgo) per rappresentarlo a favore dei richiamati”. In effetti, era successo questo: per creare qualche diversivo a scopo sociale, e soprattutto per aiutare le famiglie bisognose dei giovani partiti per la guerra, alcuni studenti liceali di un circolo studentesco nuorese, avevano chiesto a Badore Sini, di scrivere il testo di un dramma teatrale da mettere in scena a scopo di beneficenza, il cui incasso sarebbe andato a favore delle famiglie stesse.
La conferma che poi il lavoro andò in scena, viene dallo stesso diario del poeta, che in data 3 ottobre 1915 riporta: “Stasera hanno rappresentato il “Giuramento presso i sardi” e io non ci sono neppure passato. Certo Dore ha cantato A diosa. Questo conferma che il brano che gli era stato commissionato dagli studenti nuoresi, aveva per titolo Il giuramento presso i sardi, e che nel contesto dello spettacolo un giovane studente Dore aveva cantato A diosa. Sini, che non era stato presente allo spettacolo, non poté udire di conseguenza la prima rappresentazione assoluta della sua canzone. L’ascolto avvenne qualche giorno dopo, la conferma viene ancora dalle pagine del suo fedele diario: Scrive, infatti, il poeta: ” 26 novembre 1915 – Venne il maestro Rachel Giuseppe che musicò A diosa, con certo Dore Luigi, che cantò la poesia con l’accompagnamento di chitarra e mandolino. Il motivo è indovinato, i versi furono cantati bene – riporta ancora Sini -, sentii stupore, dolore, gioia e terrore”. Il motivo dovette piacere da subito ai giovani nuoresi, da quanto riporta il diario qualche giorno dopo: “Stanotte sotto casa ho sentito i giovani nuoresi cantare la mia poesia”. E ancora dopo: “Il maestro Rachel con la sua banda a eseguito A diosa in piazza. Il dado era tratto! A diosa – Non potho reposare iniziava così in crescendo il suo inarrestabile cammino, il resto è storia».
Qualcuno però é di diverso avviso, come riporta la stampa locale in questi giorni, dove pare che esista una versione misconosciuta di A diosu, per interpretazione femminile. Questa, sotto forma di duetto d’amore (“botta e risposta”), a detta di qualcuno sarebbe la versione come cento anni fa Badore Sini e Peppino Rachel l’avevano immaginata. In buona sostanza, secondo quanto riportato nell’articolo, finora l’abbiamo cantata senza rispettare la volontà degli autori?: «Ho letto l’articolo in questione e sinceramente non capisco perché l’articolista (che evidentemente non conosce la storia nuorese) nel centenario di A diosa – Non potho reposare, anziché cercare un falso scoop, non abbia minimamente accennato al fatto che sulla storia della nostra più famosa canzone che porta il nome della Sardegna per il mondo, c’è stato a Sarule (patria di Vadore Sini) il 4 ottobre scorso un convegno cui hanno partecipato diversi esperti, che hanno trattato ampiamente l’argomento.
Detto questo, per quanta riguarda l’interpretazione canora, va detto che secondo la tradizione, questa è stata sempre affidata alla voce maschile, né gli stessi autori hanno lasciato d’altronde disposizioni diverse; le conclusioni “clamorose” lasciamole pertanto a chi le pensa.
Lo stesso Sini, nel suo diario in data 1915 (quando la canzone era in voga da pochi giorni – Pietro Dore l’aveva cantata in prima assoluta il 3 ottobre dello stesso anno), riporta: ”… stanotte sotto casa ho sentito i giovani nuoresi cantare [in coro] la mia poesia”.
Su i manoscritti originali del poeta non è riportato che il brano andasse cantato a “botta e risposta”, quindi si rimanda al mittente l’affermazione: “il danno è stato fatto dai cori”, cori, che a onor del vero, nell’articolo in questione andavano citati prima di tutti gli altri interpreti (indubbiamente di grandissimo livello). Cori che grazie al loro impegno, dal 1966 hanno portato per primi alla grande diffusione della canzone nel mondo; a cominciare dal Coro di Nuoro, diretto da Giampaolo Mele e del Coro Barbagia, diretto da Banneddu Ruiu, con l’insuperabile versione del tenore Giuseppe Tanchis, che sono stati dei veri e propri “apripista”.
Circa il fatto che “sinora nessuno ha capito o non ha voluto capire che si trattasse di un duetto d’amore”, mi pare la solita “scoperta dell’acqua calda”. Anche le pietre sanno infatti, che a Nuoro (e dappertutto), esiste la risposta al femminile di A diosu, e che anche la versione non sia poi così “misconosciuta”, dal momento che sotto forma di “botta e risposta”è stata cantata nel 1995 dal “Duo Puggioni”, nel 2000 è stata proposta da Bobore Nuvoli per le voci di Raffaele Ibba e Battistina Ruiu, nel 2010 dal Coro Priamo Gallisay con le voci di Sandro Pisanu e Maria Bonaria Monne e ultimante a Sarule l’11 settembre, interpretata da Costantino Mirai e Roberta Serra.Va anche detto, che la musica del brano è molto precedente ai versi di Badore Sini. Questa veniva già eseguita come ballabile “a tempo di Mazurzka” (secondo la tradizione musicale da salotto di fine 800, che attingeva dai motivi popolari, come nella tradizione napoletana) a partire dal 1896, quando il maestro Rachel dirigeva la banda musicale di Tempio (che la eseguiva anche come pezzo di repertorio bandistico). Questo é quello che mi sento di dire, a onor del vero».
Tutto sommato, queste prese di posizione servono comunque a farci capire che A diosa – Non potho reposare è sempre nel cuore dei sardi se oggi dopo un secolo siamo ancora qui a discuterne e a interrogarci sul segreto che racchiude il successo di questa bella canzone: Una melodia indovinata?
La straordinaria fortuna che da subito ha incontrato presso il pubblico? Degli ottimi interpreti? Un insieme d’ingredienti giusti e ben dosati? Non lo sappiamo. Di certo sappiamo che A diosa – Non potho reposare indubbiamente li contiene tutti.
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