Nelle tavole dei sardi il vino non è mai mancato e rientra senz’altro tra i prodotti tipici della dieta dei centenari.
Quello che scienza e marketing concordano nel definire come “elisir di lunga vita” è stato il protagonista di “Cibi per la salute dalla terra dei centenari”, il secondo dei tre eventi che la Regione dedica alle produzioni agricole di qualità, fattore di benessere e longevità. Nella sala conferenze del padiglione CibusèItalia di Expo, il vino è stato al centro di un affollato dibattito, che ha fatto registrare la presenza di esperti, curiosi e addetti ai lavori nei confronti di un progetto di comunicazione e promozione rivolto ai mercati alimentari internazionali e all’industria turistica.
Il vino che narra la Sardegna . «Abbiamo voluto inaugurare le giornate della Sardegna a Expo con i pecorini, prodotto che rappresenta una parte consistente dell’export isolano, e non potevamo non dedicare la chiusura ai vini che, con il cannonau e il vermentino, hanno conquistato mercati importanti negli ultimi anni». Così l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, intervenendo al talk show moderato dalla giornalista Eleonora Cozzella, coordinatrice del sito “Food&Wine” e ispettrice della “Guida ai ristoranti d’Italia” per il gruppo L’Espresso. «Nella straordinaria vetrina dell’Esposizione universale, in coerenza con i progetti di internazionalizzazione della Regione, – ha osservato Falchi – continuiamo a presentare al mondo una Sardegna innovativa, soprattutto quando si parla di riuso e sostenibilità, attraverso il racconto delle eccellenze agroalimentari isolane. In questa occasione abbiamo dimostrato che il vino sardo è un prodotto di grande qualità, che aiuta a stare bene e contribuisce alla longevità. A questo aggiungiamo la bellezza del territorio regionale: unico e straordinario. Colori, profumi e sapori delle nostre colline e pianure – ha proseguito l’assessore dell’Agricoltura – vengono narrati dalla Gallura al Campidano con le numerose varietà colturali che caratterizzano le produzioni isolane. I vini sardi pertanto, attraverso l’elemento aggregativo tra le cantine e le imprese, potranno essere in grado di affrontare i mercati globali per essere così importanti promoter della Sardegna, Isola senza fine».
«Viviamo in un’isola felice, dove l’inquinamento ambientale è scarso e si mangia sano, nei secoli questo ha inciso sulla qualità della vita dei sardi», assicura Gianluigi Bacchetta, professore associato di Botanica ambientale e applicata dell’Università di Cagliari, archeo botanico, responsabile del Centro di conservazione delle biodiversità, leader di una equipe scientifica a cui si deve il rinvenimento di semi di vite di epoca nuragica nel villaggio di “Sa Osa”, nell’Oristanese. «Vite, fico, olivo, pinoli, noci e melone, per esempio, finora sono stati attribuiti per comodità alle importazioni di età fenicio-punica e romana – ha spiegato Bacchetta – ma le scoperte hanno rivelato che la civiltà nuragica possedeva un’agricoltura già molto evoluta».
Preservare una simile tradizione, che affonda le proprie radici nei millenni e che appartiene all’identità della Sardegna e del suo popolo, richiede una costante evoluzione dei metodi di produzione e conservazione, in armonia col territorio e secondo processi orientati alla sostenibilità. Ne è certo Donato Lanati, enologo e membro dell’OIV (Organizzazione internazionale della vite e del vino), grande sostenitore della formazione di chi opera in vigna e in cantina come metodo più efficace per vestire i vini di forte identità territoriale e varietale. «Il vino italiano è conosciuto in tutto il mondo, abbiamo oltre 400 varietà tipiche, la diversità è la carta che dobbiamo giocare – ha osservato Lanati, che ha aggiunto: La qualità è misurabile oggettivamente, e dipende in gran parte dalla capacità dei vitigni autoctoni di mantenere la personalità dei territori da cui provengono. Le cantine sociali, dunque, possono fare la differenza perché producono una massa critica vastissima».
«Tra i fattori che aiutano a vivere bene oltre i cento anni c’è la genetica, ma anche la nutrizione ha un grande valore dal punto di vista biochimico e clinico», ha assicurato Luca Deiana, già docente di Medicina all’Università di Sassari, fondatore del progetto “AKeA – A Kent’Annos”, impegnato da vent’anni nella scoperta del gene della longevità. «I vini sardi sono buoni anche sul piano biologico. Le ricerche condotte hanno confermato quello che i nostri centenari sanno per esperienza diretta – ha precisato l’esperto – perché i risultati dei nostri esperimenti ci dicono che bere due bicchieri di vino a pasto fa bene, ed è la quantità che consumano i testimonial della longevità in Sardegna».
Il legame con il territorio . Ma il vino è anche elemento di socialità, veicolo di promozione e strumento di comunicazione. Secondo Giuseppe Carrus, un sardo che gira il mondo alla scoperta di vini, cantine, birre, distillati e cocktails d’autore, da anni in forza nella redazione del Gambero Rosso, vicecuratore della guida Vini d’Italia: «Il vino in Sardegna è sempre stato simbolo di ospitalità e di legame con i territori, ha sempre cercato di trasmettere qualcosa, non solo le caratteristiche del sottosuolo ma anche di tutto quello che c’è sopra, sul piano ambientale, sociale e culturale. Se qualcuno mi chiede quale sia il grande vino, la risposta è semplice – ha concluso Carrus – è quello capace di raccontare il proprio territorio».
Il vino social . È quello che fa Instagram Sardegna, tra le cui rubriche c’è anche quella dedicata al racconto dell’Isola attraverso la sua tradizione culinaria. «Finora il vino è stato meno presente rispetto ai piatti, ma alcune aziende stanno facendo un ottimo lavoro su Instagram e stanno iniziando a capire l’importanza di comunicare, di raccontare tutto, dalla maturazione dell’uva alla lavorazione, attraverso la tradizione e l’innovazione», ha detto Alessandra Polo, tra i fondatori di Instagramers Italia, a capo del social media team di Igersitalia e fondatrice delle community di Instagramers della Sardegna.
«Il vino sardo è stato presentato così, a 360 gradi, nella giornata di chiusura della Sardegna a Expo2015, con le sue sfaccettature scientifiche e storiche, tradizionali e commerciali, social e di vita vissuta. Un modo nuovo di comunicare e promuovere i nostri territori per far conoscere al mondo l’Isola senza fine, della qualità della vita e del cibo sano», ha concluso l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi.