Indagati anche i sindaci di Torpè e Posada, dirigenti comunali e provinciali, l’ex presidente della Provincia di Nuoro, assessori alla protezione civile e l’ex direttore del corpo forestale
46 persone sono state raggiunte questa mattina da avvisi di garanzia per i disastri generati dal Ciclone Cleopatra.
Politici locali, direttori tecnici, direttori di cantiere, commissari, collaudatori, ingegneri, progettisti, responsabili e direttori di lavori che, a vario titolo questa mattina all’alba, si sono visti notificare gli avvisi dai Carabinieri in buona parte della Sardegna e in l’Italia.
IL CICLONE CLEOPATRA: Nel novembre del 2013, un fenomeno alluvionale di inusitate proporzioni, si abbattè sull’Isola e una terribile bomba d’acqua riempì in pochi minuti il bacino della diga di Maccheronis, esondando immediatamente dopo.
Milioni di metri cubi d’acqua, in pochi istanti, si riversarono nell’alveo del rio Posada e gli argini del fiume non riuscirono a trattenere quell’incredibile massa d’acqua che dilagò nelle campagne di Torpè e Posada causando la morte di un’anziana donna, Maria Frigiolini, e costringendo centinaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni, con danni incalcolabili.
Terminata l’emergenza, la Procura della Repubblica di Nuoro costituì uno staff, composto da consulenti tecnici scelti tra i maggiori esperti del settore, da esperti in materia di protezione civile che si mise al lavoro per individuare eventuali responsabili di quell’immane disastro.
LE INDAGINI: L’indagine si è sviluppata, sostanzialmente, lungo tre direttrici tutte rivolte a verificare le cause degli eventi e se tra tali cause potessero individuarsi responsabilità a titolo di colpa per eventuali condotte od omissioni: la prima, ha portato gli inquirenti a individuare coloro che hanno contribuito a causare i disastrosi eventi; la seconda si è snodata al fine di analizzare se e come sono stati svolti nel corso degli anni i lavori di manutenzione, gli interventi gestionali nonché nuove progettazioni che interessassero la diga di maccheronis e gli argini che insistevano lungo il corso del rio posada; la terza si è indirizzata al fine di chiarire come la protezione civile ha svolto il proprio compito preventivo e come il suo meccanismo ha reagito all’allarme, nonché all’individuazione dei responsabili del suo malfunzionamento.
LE RESPONSABILITÀ: Durante i 18 mesi successivi, Magistratura ed esperti hanno effettuato innumerevoli sopralluoghi, sentito decine di persone informate sui fatti e svolto numerosissimi accertamenti arrivando a individuare quarantasei persone.
GLI INDAGATI: Tra i nomi più importanti vi sono l’ex presidente della Provincia di Nuoro Roberto Deriu – ora consigliere regionale del PD – e due assessori provinciali, Franco Corosu e Paolo Porcu; l’allora direttore generale del Corpo Forestale della Sardegna, Carlo Masnata, il direttore dipartimentale di Nuoro del Corpo Forestale Gavino Diana, la responsabile del settore antincendio e protezione civile del Corpo Forestale Anna Maria Pirisi.
E ancora gli allora sindaci di Torpè e Posada Antonella Dalu e Roberto Tola, l’ex direttore generale dell’Ente Foreste, Paolo Botti. Tra gli altri indagati, tecnici e dirigenti della provincia di Nuoro, tecnici e assessori dei Comuni interessati, responsabili della Protezione civile provinciale e progettisti e dirigenti del Consorzio di Bonifica della Sardegna centrale. Molti degli indagati sono gli stessi già chiamati a rispondere per il crollo del ponte di Oloè, sempre nel Nuorese, che provoco la morte dell’agente di Polizia Luca Tanzi.
LE VITTIMA E I DANNI: La morte della donna e gli incalcolabili danni nelle campagne di Torpè e Posada, infatti, sono stati causati dalla piena del fiume. Tale esondazione è stata provocata da lavori non a norma individuati nelle rampe d’accesso all’alveo (comunemente chiamate finestre) e dagli argini non protetti, ancora in fase di lavorazione, realizzati tra l’altro con materiali scadenti. È tramite queste finestre, quindi, che la violenza dell’acqua si è riversata sulle aree circostanti causando gli inalcolabili danni. Secondo il progetto esecutivo, queste finestre avrebbero dovuto essere eliminate a seguito dei lavori di rifacimento (ringrosso e innalzamento) che però alla data delL’alluvione non erano ancora stati terminati, nonostante, da contratto, la scadenza del termine dei lavori fosse stata fissata al 21.09.2012, ossia entro 450 giorni dalla consegna delle aree, avvenuta il 29.06.2011.
Tali disastri sono stati causati dal fatto che la ditta, per inadempienza del Consorzio di bonifica, ha abbandonato il cantiere qualche giorno prima della piena pur essendosi assunta ogni responsabilità relativa alla costruzione e fornito ogni garanzia sull’esecuzione a regola d’arte delle opere.
Successivamente la commissione di collaudo in corso d’opera aveva per più di quattro mesi interrotto tutti i collaudi non formulando suggerimenti riguardo ai provvedimenti da adottare per porre rimedio alle anomalie riscontrate e infine la Regione Sardegna non ha provveduto all’elaborazione ed all’adozione di un piano per l’invaso di Macheronis (nonostante diverse direttive lo avessero imposto) tecnicamente detto di laminazione ovvero per moderare le portate di piena a valle.
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