Da ieri, sono stati bloccati i lavori nell’ospedale San Francesco e nei vari presidi e distretti della città e del territorio.
Gli oltre 70 operai del raggruppamento di imprese Pssc (Polo sanitario Sardegna centrale), che gestisce il project financing dell’Asl 3, sono stati messi in ferie forzate e fino a quando non sarà trovata una soluzione che possa permettere la ripresa delle attività. Di conseguenza, sono fermi anche tutti gli altri lavoratori dell’indotto.
«La Regione attivi immediatamente una task force che faccia luce sul project financing della Asl di Nuoro. La spesa è ormai fuori controllo, l’interesse pubblico va tutelato attraverso la revoca del contratto in essere».
Lo sostiene Annamaria Busia, consigliera regionale del Centro Democratico e prima firmataria della mozione con la quale i gruppi del centrosinistra in Consiglio regionale, Pd escluso, chiedono alla Giunta interventi urgenti per risolvere una questione che si trascina ormai da tempo.
Il Project financing, stipulato nel 2008 dalla Asl n.3 di Nuoro con l’ATI costituita da Cofatech Servizi e Inso Sistemi, ha una durata di 27 anni e prevede un’esposizione complessiva di oltre 925 milioni di euro per l’azienda sanitaria. Tra gli obiettivi, l’affidamento dei lavori di ristrutturazione dei presidi ospedalieri di Nuoro e di Sorgono e dei presidi sanitari distrettuali di Macomer e Siniscola oltre ai servizi di fornitura e di manutenzione delle attrezzature e tecnologie sanitarie, le pulizie degli edifici, i servizi mensa per i degenti e il personale, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
«Il contratto originario è stato stravolto – attacca Busia – l’atto aggiuntivo n.2, in particolare, presenta evidenti profili di illegittimità. Siamo davanti a un solenne imbroglio, serve un soggetto terzo che faccia piena luce sulla vicenda. Dalla task force devono però essere esclusi tutti coloro (dirigenti e legali) che a vario titolo hanno avuto un ruolo nella stipula e nella gestione del Project financing».
Un aumento dei costi di 5 milioni e 383mila euro per i canoni di servizio e di 250mila euro per il canone integrativo di disponibilità non permette più la gestione del project. «Il rischio d’impresa non è più in capo al concessionario – afferma Busia – lo stesso Tar regionale, nel 2011, aveva accolto il ricorso presentato da una società esclusa dal bando di gara rilevando l’aggiramento e l’elusione delle norme sugli appalti pubblici».
Da qui la richiesta di un intervento urgente della Giunta regionale: «Non si può pensare di mantenere ancora in piedi un contratto così penalizzante per la pubblica amministrazione – conclude la consigliera del Centro democratico – servano azioni decise che tutelino i lavoratori e assicurino il completamento delle opere strategiche».