Sono in lento miglioramento (per quanto rimanga confermata la prognosi riservata), le condizioni di salute di Alessandro Candido, il sub romano di 38 anni ricoverato all’ospedale Brotzu di Cagliari per una grave insufficienza epatica di cui ancora non si conoscono le cause esatte.
Si sospetta il morso di un ragno, la malmignatta o vedova nera mediterranea, che il turista potrebbe aver calpestato una volta riemerso dalle acque del golfo di Orosei, dove martedì scorso si era immerso con un amico per una battuta di pesca.
È stato lui stesso a raccontare di aver avvertito un forte dolore al piede – era scalzo in quel momento – e di essersi trascinato per alcuni metri fino a una zona cespugliosa, perdendo poi conoscenza. Proprio in quel punto lo hanno trovato i soccorritori mercoledì, dopo una notte di ricerche: l’ultimo suo ricordo sono le luci e il rumore dell’elicottero. Un primo ricovero all’ospedale di Nuoro poi, vista la gravità, il trasferimento al Brotzu in rianimazione.
Non c’è la certezza matematica che si tratti del ragno velenoso, fanno sapere i medici cagliaritani, ma i sintomi mostrati dal paziente sono coerenti con le tossine di questa specie. Saranno gli esami tossicologici, ancora non effettuati, a chiarire ogni dubbio: la priorità, sottolineano ancora dall’ospedale, è quella di stabilizzare il paziente, che era a rischio di un trapianto di fegato, prima di procedere con altri accertamenti clinici. Gli esperti mettono, però, fin da ora le mani avanti.
«Non c’è nessuna connessione tra il morso della malmignatta e i problemi epatici» precisa Roberto Pantaleoni, professore di Entomologia agraria al Dipartimento di Protezione delle piante dell’Università di Sassari e responsabile dell’Istituto per lo Studio degli ecosistemi della sede sassarese del Consiglio nazionale delle ricerche. Il suo principale interesse scientifico riguarda la bioecologia e la tassonomia dei Neuropterida, gruppo di insetti predatori di interesse pratico in agricoltura. In questo ambito si è occupato più volte del “latrodectus tredecim guttatus”, nome scientifico della malmignatta, un ragno appartenente alla famiglia dei “Theridiidae”, lungo non più di 15 millimetri, parente nostrano della vedova nera. «Quello della malmignatta è un veleno neurotossico piuttosto potente – spiega Pantaleoni – ma può produrre rischi mortali solo nel caso in cui, agendo sulle terminazioni nervose, arrivi a pregiudicare la respirazione”. Come spiega il professore, “il latrodectus tredecim guttatus mangia soprattutto cavallette, perciò ha bisogno di un veleno efficiente, che anche sull’uomo può produrre problemi gravi».
La sua ragnatela è più simile a una trappola disposta sul suolo, le cavallette che vi saltano sopra restano imbrigliate. Nessun allarme, comunque, perché «la malmignatta non è un animale aggressivo, non attacca l’uomo e per essere punti occorrono situazioni particolari – sostiene lo studioso del CNR. Un tempo la puntura della malmignatta era un rischio professionale connesso alla mietitura – conclude Pantaleoni – perché con una mano si impugnava la falce e con l’altra si prendeva l’erba». E tra l’erba, habitat naturale di questo insetto che vive nei campi, era spesso nascosta l’insidia del contatto velenoso.
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