«Là sotto c’è un inferno». I vertici E.On sapevano dei veleni scaricati nel suolo, nel sottosuolo, nelle falde acquifere e nello specchio di mare davanti al golfo dell’Asinara. Sapevano e lo hanno anche confessato durante una telefonata intercettata dai militari della Guardia di finanza di Sassari. Adesso è bufera sulla multinazionale, che gestiva la centrale termoelettrica di Fiumesanto, nel Nord Sardegna ora passata ai Cechi.
I suoi vertici sono sotto accusa per aver omesso di segnalare alla magistratura che i gruppi 1 e 2 della centrale stavano provocando un gravissimo danno ambientale, ancora da quantificare, in aree di interesse pubblico.
Un serbatoio da 50 mila litri si sarebbe staccato dal fondo provocando perdite continue, che sarebbero state nascoste per non arrecare un danno all’azienda. Dopo un’indagine durata oltre un anno, questa mattina i finanzieri hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare, firmate dal Gip Carla Altieri, nei confronti dei dirigenti che ricoprono incarichi apicali all’interno della società E.On. Produzione Spa. Ai domiciliari sono finiti il direttore centrale E.On di Fiumesanto, Mario Bertolino, e il vice, Livio Russo. Il primo è stato fermato stamattina a bordo di un aereo di linea, poco prima della partenza per Roma dall’aeroporto di Alghero.
Gli altri indagati sono Salvatore Signoriello, amministratore delegato E.On Produzione, Paolo Venerucci, direttore generale risorse umane e sviluppo territoriale E.On Italia, e Alessandro Muscas, amministratore Lithos srl: tutti sono stati raggiunti da un’interdizione per due mesi dalla rispettive cariche. Le indagini hanno permesso di accertare che i manager finiti sotto inchiesta, ben sapendo che lo stato di dissesto ambientale persisteva da anni, hanno omesso di denunciare immediatamente la situazione per garantire un risparmio di spesa alla società. Soltanto di recente, al momento della vendita della centrale da parte di E.On a una azienda ceca, hanno simulato di avere appena avuto notizia dell’inquinamento. Troppo tardi, perchè l’inchiesta della Procura sassarese era già in corso. Il capo della Procura, Roberto Saieva, ha spiegato in conferenza stampa che quando a fine 2014 i vertici di E.On denunciarono la situazione, «dopo due anni di doloso silenzio», i loro telefoni erano già da parecchio tempo prima sotto controllo. La realtà descritta nelle conversazioni telefoniche era poi stata confermata dai sopralluoghi della Gdf che, hanno spiegato il comandante provinciale Francesco Tudisco e il pm Carlo Scalas, «avevano verificato la presenza dell’inquinamento durante le perquisizioni con prove cartacee e informatiche».
«Le indagini – ha sottolineato Saieva – proseguono ora per accertare ulteriori condotte di altre persone e verificare le reali dimensioni dell’inquinamento a Fiumesanto. Da verificare, in particolare, la natura di uno strato di circa 2 metri di ceneri bianche ritrovate nello stabilimento». L’operazione della Gdf è collegata a un’indagine coordinata dal pm Paolo Piras sull’inquinamento atmosferico da polveri di carbone condotta dai Noe. «Siamo fiduciosi – fanno sapere dall’ufficio stampa di E.On – di poter confutare le accuse che ci vengono mosse».
Nel frattempo la Regione Sardegna è pronta a costituirsi parte civile in un eventuale processo.