Crociera da incubo. Ostaggi al museo: almeno quattro italiani tra i ventidue morti

Un’ambiente del Museo del Bardo

Doveva essere una vacanza “nel blu dipinto di blu”

Al circolo ricreativo dei dipendenti del Comune di Torino era stata battezzata così la crociera nel Mediterraneo con la Costa Fascinosa. Una vacanza da trascorrere con parenti e amici, che per i 31 dipendenti comunali – il gruppo più numeroso tra i circa cento crocieristi italiani – si è però trasformata nel peggiore degli incubi.

«Stanno sparando a tutti, vi prego aiutateci», l’allarme lanciato al telefono da Carolina Bottari, una dei sei torinesi presi in ostaggio. Poi il nulla, con l’angoscia per la sorte degli italiani – «si temono 2 o 3 vittime», dice Sergio Chiamparino – che aumenta con il passare delle ore.

La grande paura a Tunisi, dove la nave partita domenica da Savona è attraccata questa mattina dopo le tappe di Civitavecchia e Palermo. «Eravamo contenti, molti di noi non avevano mai visto la città», racconta al telefono Celestino Sereno, il vicepresidente del circolo torinese.

«Come spesso accade in queste circostanze – prosegue – si formano i gruppetti, ci si divide: c’è chi, come me, ha fatto un giro della città in taxi, chi è andato a fare shopping al Suk e chi ha preferito l’arte e la cultura ed è andata al museo del Bardo». Ed è proprio nelle sale che ospita la più grande collezione mondiale di mosaici romani che, all’ora di pranzo, scoppia l’inferno.

«Aiuto, sparano. Sparano a tutti», sono le uniche parole che riesce a pronunciare al telefono Carolina Bottari. Con lei i terroristi prendono in ostaggio altri cinque torinesi. Sono il marito Orazio, informatico, e tre colleghe dell’Ufficio Patrimonio del Comune di Torino, Anna Bagnale, Antonella Sesino e Antonietta Santoro, una delle quali accompagnata dal marito. Ma al museo ci sono anche cuneesi, novaresi – due coniugi feriti in modo lieve – una biellese. E poi marchigiani, molisani, grossetani, veneti, ravennati e molti altri italiani ancora. Chi non si trova lì viene fatto subito rientrare sulla nave, nel porto blindato dalle forze dell’ordine. Come Nicola Previati, 34 anni: «Ero appena arrivato in centro, con un taxi, quando mi ha telefonato mia mamma. Mi ha detto ‘Scappa, scappa da lì, c’è un attentato», racconta.

Per gli altri, invece, bisogna aspettare il blitz delle forze speciali, che libera gli ostaggi ma non mette fine alla paura.

L’ultimo bilancio fornito dalle autorità tunisine è di almeno 24 morti e 50 feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni e divisi nei vari ospedali della città. «Non esiste ancora un elenco ufficiale di vittime e feriti», rimarca il sindaco di Torino, Piero Fassino, in costante contatto con la Farnesina e con l’ambasciata italiana a Tunisi. «Circola voce che ci sia una vittima torinese – precisa – ma non ho avuto conferme».

Il timore è che “ci siano 2-3 vittime tra gli italiani» dice il presidente della Regione Piemonte, e della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, che in serata parla al telefono con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «L’ultima volta che la Farnesina ci ha contattato è stato un’ora fa. Al momento non sappiamo nulla…», dice Marco Conte, 26 anni, nella sua casa torinese di via Pianezza, nel popolare quartiere Lucento.

È il figlio di Carolina Bottari e Orazio Conte. «Ci hanno detto che dei sei ostaggi torinesi due stanno bene e sono riusciti a mettersi in contatto con l’Italia – spiega – ma dei miei genitori nulla…”. Il terrore corre sul filo del telefono: «Ogni chiamata speriamo sia quella giusta, che ci annuncia che stanno bene. Ma fino ad ora non è arrivata…».

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Sonia