Trovati a Cabras semi risalenti al 1300 a.C.
Il melone era un frutto molto apprezzato anche dai nuragici, tanto che per il particolare sapore di quella succosa polpa era coltivato in Sardegna già nel secondo millennio a.C.
Acclarato e documentato il ritrovamento nei pozzi del sito nuragico di Sa Osa, a Cabras, nell’oristanese, di 47 semi di meloni riferibili all’età del Bronzo. Datati tra il 1310-1120 a.C., costituiscono attualmente la prima testimonianza certa della coltivazione di questo frutto nel bacino del Mediterraneo.
Al centro della eccezionale scoperta c’è l’equipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata da Gianluigi Bacchetta.
In questi pozzi non distanti dal luogo dove furono rinvenuti i Giganti di Mont’e Prama, sono stati trovati i semi di melone più antichi del Mediterraneo e molti altri interessanti materiali biologici di specie coltivate in epoca nuragica.
«I padri dei moderni sardi conoscevano questo frutto con molta probabilità grazie ai continui scambi commerciali intrattenuti con le popolazioni di navigatori del vicino e Medio Oriente – sottolinea Bacchetta». È di pochi giorni fa, infatti, la pubblicazione del risultato della ricerca su Plant biosystems, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore.
Questi antichi reperti del frutto sono stati trovati all’interno dei pozzi che avevano la funzione di tenere freschi gli alimenti, i primordiali frigoriferi. «Questa scoperta riscrive in parte la storia delle coltivazioni nell’isola – sottolinea ancora il coordinatore dell’equipe – infatti fino a oggi si pensava che la coltivazione del melone fosse arrivata grazie ai romani e i greci che dall’Asia l’hanno fatta arrivare nello stivale e di lì nel continente europeo».
Questo ritrovamento fa coppia con un altro recentissimo ad opera della stessa équipe e che interessa lo stesso sito archeologico dove sono stati rinvenuti semi di vite, scoperta che ha fornito importanti indizi sull’origine della viticultura in Sardegna ed in Europa.
«Questo ritrovamento é ancora più eccezionale – aggiunge Bacchetta – già si sapeva o supponeva che la viticultura fosse già nota ai nostri antenati. Ma mai si poteva supporre che anche il melone fosse coltivato in Sardegna».
Il lavoro é stato portato avanti grazie ad un lavoro di equipe che ha coinvolto la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, il gruppo di ricerca in archeobiologia dell’Instituto de Historia (CCHS-CSIC) di Madrid, l’Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA-CNR) di Sesto Fiorentino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ed il laboratorio di Palinologia e Paleobotanica dell’Università di Roma La Sapienza.
Il lavoro di ricerca ha anche permesso di identificare migliaia di semi, frutti, granuli pollinici e frammenti di legno e carbone di piante coltivate e selvatiche, come olivo, mirto, mora, frumento, orzo, prugnolo selvatico, cicerchia, ginepro, lentisco e molte altre ancora.
«Il quadro generale che è emerso evidenzia che il popolo nuragico aveva un’economia di sussistenza altamente sviluppata e una profonda conoscenza della flora e vegetazione della Sardegna, su cui eseguivano un’attenta selezione delle materie prime», conclude Bacchetta.