È stato presentato ieri, alla Biblioteca Consorzio pubblica lettura Sebastiano Satta, su iniziativa della Questura, della Provincia di Nuoro e dell’Ogliastra, dell’ASL, della Pubblica Istruzione, dell’Ufficio scolastico provinciale, del Ministero della Giustizia – Servizio Minorile e la Cooperativa sociale Lariso, il rapporto sulla diffusione del Cyberbullismo.
La ricerca è stata realizzata in provincia di Nuoro ed ha coinvolto 873 studenti di cui 457 maschi e 416 femmine appartenenti a 54 classi di passaggio tra la primaria, la secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado appartenenti all’Ufficio VII – Ambito territoriale per la provincia di Nuoro. Per quanto concerne la distribuzione per grado appartengono alla primaria 237 studenti (M: 122 – F: 115); il numero degli studenti della secondaria di primo grado è invece: 424 (M: 213 – F: 211). Per quanto riguarda le secondaria di secondo grado il numero studenti è 212 (M: 122 – F: 90).
Il fenomeno del Cyberbullismo: rappresenta l’ultima e più recente frontiera del bullismo tradizionale. Rispetto a questo ne conserva alcuni aspetti fondamentali ed alcune caratteristiche tanto da poter essere considerato una sua evoluzione. A New York come nelle nostre piccole comunità le manifestazioni di questo genere di violenza sono perfettamente identiche. Esso è attuato con frequenza settimanale e consiste in mail e sms offensivi, oltre le telefonate intimidatorie e mute, non sono pochi i casi riscontrati (anche nei nostri territori) di invio di foto e filmati sgradevoli, di diffusione di video e foto di scene intime finalizzati a screditare ed infangare l’identità digitale della vittima di turno. Un’altra caratteristica riscontrata attraverso le informazioni fornite dagli studenti intervistati è che l’essere vittime in presenza è un forte predittore della possibilità di esserlo anche on line: più di uno studente ha infatti raccontato che da vittima nella realtà è diventato lentamente vittima nel mondo virtuale.
I Dati della ricerca.
Il telefonino: è emerso che quasi la totalità degli studenti possiede un dispositivo mobile. L’unica eccezione è costituita dai bambini delle primaria il cui il possesso del telefonino è ancora limitato a poco più dei due terzi degli alunni. Come nota a margine è importante sottolineare che i ragazzi della scuole superiori hanno la copertura fino al 100% di connettività anche attraverso i tablet. Fra i cellulari sono molto in uso gli smartphone (74%) utilizzati anche per la navigare in rete. Il 68% dei possessori di smartphone “smessaggia attraverso l’applicazione multimediale “Whatsapp”. Molti ragazzini usano tale app come una sorta di diario in cui raccontano e scambiano per immagini, filmati e musiche la scansione delle loro giornate in tempo reale. Rispetto ai tradizionali MMS, la suddetta applicazione ha il vantaggio di essere meno costosa (1 euro all’anno), ma soprattutto consente di poter inviare spezzoni di filmati e di parlato rendendo più vivida la relazione. In alcuni casi, però, e soprattutto tra i maschi, non sono rari i casi in cui le immagini sono spezzoni riguardanti la vita intima e filmati a sfondo sessuale. Il sexsting, che nell’utilizzo classico prevede la vendita di proprie immagini hard in cambio di ricariche o piccole somme, trova in Whatsapp un alleato formidabile perché l’immagine statica viene sostituita dall’immagine in movimento.
Il social più amato: per quanto concerne Facebook è stato possibile rilevare che il 48,5% (con una concentrazione pari quasi al 82% alle superiori) dei ragazzi partecipanti ai focus possiede un profilo; le percentuali decrescono man mano che si procede verso le primarie anche se non è raro il caso in cui molti bambini di 9/10 anni sono stati iscritti dai propri genitori, soprattutto mamme di bambine, falsandone l’età.
Come è ben noto la regola di Facebook è avere almeno 13 anni per avere un proprio account ma è di una semplicità unica dichiarare di averne 19 soprattutto se il complice che ci sta affianco è colui che dovrebbe vigilare. Molti genitori però non capiscono che facendo così immolano al rischio i propri figli e li trascinano dentro una rete in cui ogni giorno migliaia di cyberpredattori passano il loro tempo a cercar vittime.
Non appaia strano quindi se nei racconti e nelle domande fatte da alcuni bambini (molte femminucce) traspare con chiarezza il tentativo di adescamento da parte di sconosciuti che nel racconto dei ragazzi operano con la stessa modalità: partono da argomentazioni generiche, e mano a mano che aumenta il livello di confidenza aumentano e si fanno insistenti i tentativi di essere portati dalla “piazza” ad una “stanza” privata ( le famose chat room). Una volta riuscito tale tentativo e verificata la mancanza di supervisione da parte di un adulto, a molti sia maschi che femmine è stato chiesto il numero del cellulare e l’indirizzo di casa.
Il social più discusso.
Ask.fm è il social network che in alcune realtà geografiche sta progressivamente scalzando Facebook nelle preferenze degli adolescenti. L’Italia è il paese in cui viene maggiormente utilizzato assieme al Brasile, Turchia e Stati Uniti.
Questo social è diventato tristemente famoso dopo la morte di Hannah Smith, la ragazza inglese di 14 anni che ha scelto di “farla finita” dopo la valanga di insulti ricevuti. In Italia è balzato all’onore delle cronache quando 200 ragazzi si sono dati appuntamento a Bologna per darsele di santa ragione, dopo essersi prima insultati e poi sfidati sulle sue pagine. Nonostante la riluttanza a parlarne è risultato che il 36,2% degli studenti partecipanti ai focus group conoscono il social e circa i due terzi (186 ragazzi tra cui anche bambini/e delle quinte) si sono iscritti o sono stati iscritti. La possibilità di fare e rispondere a qualsiasi tipo di domanda serbando l’anonimato ha infatti attirato nel tempo moltissimi adolescenti soprattutto quelli che in mancanza di risposte adulte su certi argomenti (soprattutto quelli attinenti l’educazione sessuale) hanno trovato in Ask la possibilità di poter chiedere e rispondere su tutto. Molte delle ragazze che invece “si sono cancellate” lo hanno fatto perché come ha riferito una quattordicenne, “dopo le prime domande sostanzialmente innocenti su mode, gusti musicali, ecc., arrivano quelle sempre più imbarazzanti, intime e a sfondo sessuale che hanno la capacità di staccarti la pelle di dosso”. Naturalmente come in tutte le situazioni Ask.fm non è di per sé pericoloso ma lo può diventare se si sottosta all’indirizzo che gli hanno dato molti adolescenti specialisti di tricking e flaming,cioè il gusto di infiammare le discussioni anche disvelando piccoli segreti che circolano di bocca in bocca. L’atto finale di tale modalità di cyberbullying è il rischio di diventare vittime sistematiche di uno dei possibili troll che presidiano la rete. Un troll, nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali, è una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi denigranti, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione.
Conclusioni dell’indagine.
In media il 90,5% degli studenti possiede un telefonino (ma alle superiori le percentuali toccano il 98,1%) ma il 79,6% lo può utilizzare anche per navigare in Internet in quanto si tratta di telefonini di ultima generazione (smartphone). Il 93,7% di studenti ha un computer nella propria casa, di cui, il 73,6% possiede un proprio account, il che significa che può gestire autonomamente questo mezzo ed i suoi potenziali comunicativi. La maggior parte dei minori possiede una discreta consuetudine con il web e con applicazioni che consentono di esercitare forme di bullismo elettronico molto raffinate e spesso completamente ignorate dagli adulti. Il 48,5% (con una concentrazione pari quasi al 82% alle superiori) ha un profilo su Facebook. Molti bambini/e sono stati iscritti dai genitori senza rispettare la regola dei 13 anni d’età. Il 36,2% conoscono il social Ask.fm. e circa i due terzi (186 ragazzi tra cui anche bambini delle quinte) si sono iscritti o sono stati iscritti. Whatsapp ( e la possibilità di utilizzare tale applicazione per inviare multimedia) è un’applicazione usata dal 68% degli studenti.
Il controllo da parte dei genitori: c’è un basso livello di attività di controllo da parte dei genitori delle attività svolte in Internet, dai modi d’uso del cellulare e dalla scarsa consapevolezza di alcuni studenti dei rischi connessi allo spazio virtuale ed all’uso delle nuove tecnologie. Il parental monitoring viene esercitato in maniera sistematica solo dal 55% dei genitori, il 12,8% di studenti ritiene che navigare in Internet non implichi nessun pericolo.
Gli insegnanti: Il rapporto mette in evidenza che c’è una scarsa fiducia nutrita nei confronti degli insegnanti quando si finisce per essere vittime di cyberbullying. Solo il 4,7% di studenti nei casi di prepotenze subite attraverso il cellulare e il 6,7% nel caso di prepotenze esercitate su Internet si è rivolto ai rappresentanti scolastici.
Le reazioni: Il 26,4% dei ragazzi si è sentito solo e isolato, nonché senza difesa ed aiuto in caso di prepotenze fatte con il telefonino, il 18,5% degli studenti si è sentito impotente di fronte alle vessazioni avvenute nel cyberspazio tramite Internet. Molti non si sentono ascoltati dagli adulti quando hanno problemi in generale: il 21,4% di bambini non si sente ascoltato di docenti, il 5,8% non può parlare dei propri problemi ai genitori e il 94% degli studenti sa di non poter essere ascoltato/aiutato rispetto ai problemi legati all’uso del telefonino e di Internet
Il rapporto con i propri coetanei: Il 22,1% di studenti delle secondarie ha rapporti conflittuali con i propri compagni di classe e il 42,2% dei bambini della primaria è stato isolato o rifiutato durante il momento di socializzazione per eccellenza a scuola: la ricreazione.
Dai dati appare chiaro che il fenomeno è esteso tanto nei piccoli paesi che nelle città del nostro territorio; inoltre, la dimensione delle classi è ininfluente e le prevaricazioni sono presenti anche nei gruppi composti da pochi ragazzi.
Una riflessione molto importante, infine, riguarda il ruolo dell’empatia: anche questa ricerca dell’Osservatorio dimostra, purtroppo, un “immobilismo” nella crescita dell’intelligenza emotiva dei nostri giovani: circa 200 ragazzi del campione studiato non provano niente di particolare nei confronti di chi patisce numerose e persistenti vessazioni e di quei 200 circa 100 ragazzi ritengono divertente molestare i propri compagni.