Riprende domani presso il tribunale di Nuoro il processo a carico di Francesco Rocca, il dentista accusato di essere il mandante dell’assassinio della moglie Dina Dore avvenuto il 26 marzo del 2008.
Una vicenda dai contorni sempre più oscuri.
Qualche tempo fa i difensori di Rocca, gli avvocati Lai e Manconi, avevano chiesto ai giudici di sospendere il processo e di effettuare una nuova perizia su alcune tracce di dna rinvenute sullo scotch che stringeva la vittima.
Secondo una relazione firmata dallo specialista di genetica medica Andrea Maludrottu e presentata dalla difesa, il dna ritrovato potrebbe essere compatibile con quello di un consanguineo della famiglia di Antonio Lai, il cui figlio Stefano è super teste nel processo.
I difensori di Rocca hanno dato incarico al genetista di verificare la compatibilità fra il dna trovato sulla vittima, attribuito ad un misterioso “ignoto” e sinora non compatibile con i circa 800 test eseguiti dagli investigatori, e quello ricavato da un bicchiere dal quale aveva bevuto Antonio Lai.
La conclusione del genetista è stata che “il dna estrapolato” non corrisponde a quello del padre del super testimone ma apparterrebbe al 95-98%, a un suo parente stretto.
La difesa per un’ulteriore verifica, ha chiesto che la Corte disponga il prelievo, anche coattivo, del dna di Antonio Lai.
Un altro problema sorto è stato il trasferimento del processo in altra sede chiesta, nelle scorse settimane da Manconi e Lai, i quali, avevano presentato in Cassazione un’ istanza per il clima pesante che si sarebbe creato nell’aula del tribunale nuorese, che non permetterebbe ai giudici di sentirsi liberi e imparziali nel giudizio.
Mentre si svolge il processo contro Rocca, l’8 agosto scorso è stato condannato in appello a Sassari Pierpaolo Contu (minorenne all’epoca dei fatti), già condannato in primo grado a 16 anni di carcere, e ritenuto dai giudici l’esecutore materiale del delitto, assoldato dal dentista per uccidere la moglie in cambio di 250 mila euro.
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