Proseguiamo il racconto della storia della Festa del Redentore, presentandovi i protagonisti che ne hanno caratterizzato gli avvenimenti, da Papa Leone XIII, il pontefice promotore dell’erezione dei simboli di fede in onore al Cristo sulle vette di 19 all’alba del XX secolo, al Canonico Pasquale Lutzu, Presidente del comitato “Pro erigendo monumento”, passando per Vincenzo Jerace, lo scultore che ideò e realizzò la statua del Cristo Redentore che ancora svetta in cima al Monte Ortobene.
Leone XIII, il papa che volle il monumento – Il XX secolo si apriva sotto i migliori auspici nelle intenzioni di papa Leone XIII (al secolo Gioacchino Pecci), che volle suggellare lo storico avvenimento con dei segni tangibili che sarebbero rimasti eternati nel tempo. Fu così che il vecchio pontefice ormai novantenne, all’alba di quel secolo carico di speranze decise per la realizzazione sopra diciannove vette d’Italia altrettanti ricordi della dedizione del Secolo XX al Cristo Redentore. Tra le diciannove vette italiane, il pontefice inserì anche la Sardegna e la scelta cadde sul monte Ortobene di Nuoro, dove si optò per una grande statua. Leone XIII seguì con particolare interesse la nascita del monumento che doveva erigersi sul monte sacro ai nuoresi, tanto che il 20 aprile del 1901 inviò a Napoli un proprio rappresentante, il cav. Cancani Montani, per seguire da vicino i lavori di realizzazione della grande statua nello studio dello scultore Jerace. L’inviato pontificio al suo ritorno a Roma stese una dettagliata relazione al pontefice il quale «si è degnato – riporta il relatore – di accogliere con particolare gradimento copia dell’incisione della statua, che si dovrà collocare come monumento in Sardegna, ed in attestato di alta soddisfazione e benevolenza invia con effusione di cuore a quei buoni e generosi cattolici italiani, l’apostolica benedizione». Nuoro, grata dell’onore per essere prescelta a custodire il prezioso dono di arte e di fede, il 29 agosto del 1901 a nome del vescovo Demartis telegrafò al pontefice: «A papa Leone XIII. Vescovo diocesano, capitolo, clero, comitato, popolo festante solenne inaugurazione monumento at Gesù Redentore su monte Ortobene, tutti augurano trionfi di fede religiosa, slancio fede popolo sardo, testé solennemente affermata. Implorano da Sua Santità benedizione et rinnovo illimitata devozione ed attaccamento V. S. Sede Apostolica».
Vincenzo Jerace, lo scultore calabrese col cuore in Barbagia – Nato in una famiglia che potrebbe essere definita un’autentica fucina di artisti, Vincenzo Jerace vide la luce a Polistena (Reggio Calabria) il 5 aprile 1862.
Sulle orme artistiche di due fratelli maggiori, Francesco (1854-1937) e Gaetano (1858-1940), anche il giovanissimo Vincenzo dimostrò presto buone doti artistiche nel disegno (soprattutto carboncino e sanguigna) e nella scultura, mettendosi in evidenza alla grande Esposizione nazionale di Torino del 1880. A seguire ci furono innumerevoli altre esposizioni, dove lo scultore calabrese ebbe occasione di imporsi con la sua arte: Milano 1881, Biennale di Roma 1883, Belle Arti Venezia 1887, Bologna 1888, Palermo 1891 e innumerevoli altre fino al 1939, in un’attività frenetica che portò avanti per tutta la vita. Nel campo della scultura Vincenzo Jerace si distinse nella realizzazione di diversi monumenti, tra cui spicca “Il leone dell’Aspromonte”, dedicato a Giuseppe Garibaldi, i monumenti dedicati a Guglielmo Marconi, a papa Pio X, al principe Potenziani e numerose opere civili e religiose. Nella pur vasta e intensa attività artistica il nome di Vincenzo Jerace resta particolarmente legato al titanico monumento dedicato Cristo Redentore sul monte Ortobene di Nuoro, opera di arte e di fede che suggellò per sempre il legane dell’artista con il capoluogo barbaricino. Un legame quello tra l’artista calabrese e Nuoro che non venne mai meno, da quel dicembre del 1899, quando gli venne commissionata l’opera, fino alla sua morte, avvenuta nel 1947. Un’opera che l’artista con grande generosità, non solo donò interamente alla città di Nuoro senza pretendere alcun compenso, ma che contribuì anche a finanziare con una sua offerta personale di 50 lire. La considerevole somma di 14.671 lire, raccolta dal comitato “Pro erigendo monumento” (circa 100 milioni di vecchie lire), servì infatti esclusivamente a coprire le spese di fusione, di trasporto e di messa in opera della statua. L’amore e l’attaccamento dell’artista con Nuoro e con la Sardegna, che lui considerava la sua seconda patria, si rafforzò negli ultimi anni di vita, quando con un ulteriore slancio d’amore e generosità verso la città che con il suo Cristo Redentore lo aveva reso famoso, volle donare il grande calco in gesso su cui fu realizzata la fusione in bronzo presso la fonderia Francesco Braccale di Napoli. Ma la città tanto amata dall’artista non si dimostrò altrettanto attenta custode del prezioso dono; il grande busto del Cristo, che per anni incombette con la sua gigantesca mole nella vecchia sala del Consiglio comunale di Corso Garibali, sparì infatti misteriosamente durante i lavori di trasloco alla nuova sede municipale di Piazza Italia.
Salvatorangelo Demartis, il vescovo che accolse la proposta del monumento – Se a Leone XIII va dato atto di aver voluto la realizzazione del monumento al Cristo Redentore, al vescovo mons. Salvatorangelo Demartis va riconosciuto il merito di aver accolto l’invito perché l’opera fosse destinata a Nuoro e l’aver messo in moto la complessa macchina organizzativa. Il presule, infatti, come massima autorità religiosa locale assunse di diritto la carica di presidente del comitato “Pro erigendo monumento”. A causa dell’avanzata età tuttavia il Demartis delegò l’incarico al suo vicario generale, can. Pasquale Lutzu (mantenendo la carica di presidente onorario), ma non mancò nel portare avanti l’impegno per la raccolta di fondi, dando lui stesso l’esempio con la donazione di 3000 lire a titolo personale. E intanto il 10 gennaio del 1900 inviava una lettera circolare in tutta la sua diocesi: «L’anno che chiude il secolo XIX può dirsi anche per la nostra diocesi anno eccezionale, anno dei ricordi, anno in cui la fede di questo amato popolo e dell’intera regione sarda tramanda ai posteri un ricordo sincero dell’amore al suo Dio umanato, al Re dei secoli, a Cristo Redentore. Il monumento che, con vero slancio di fede, verrà innalzato nella scoscesa vetta dell’Ortobene, a cura di un eletto comitato che accogliendo la proposta di quello centrale in Roma, ha già concretizzato l’idea e, con nostro vivo piacere e di quanti contribuirono colle offerte, possiamo ormai annunziarvelo come un’opera gia compiuta». Il vecchio vescovo, che a causa della tarda età non poté purtroppo assistere alla solenne inaugurazione del 29 agosto del 1901 delegò in sua vece il can. Lutzu.
Pasquale Lutzu, il presidente del comitato “Pro erigendo monumento” – Con l’assunzione da parte del vescovo mons. Demartis della carica di presidente onorario, la carica di presidente effettivo del comitato passò al vicario generale can. Pasquale Lutzu. Il Lutzu si dimostrò da subito un organizzatore capace e dinamico. Spronò il comitato a realizzare un monumento di dimensioni colossali, anziché una statua di modeste dimensioni come previsto in un primo momento. Il 29 agosto del 1901 davanti alle autorità e ad un’enorme folla calcolata in circa 10.000 persone, a nome del vescovo Demartis sull’Ortobene procedette all’inaugurazione ufficiale del monumento al Cristo Redentore, sottoscrivendo il verbale ufficiale d’acquisizione dell’opera a nome del Capitolo della diocesi di Nuoro. Fu legato da grande amicizia con lo scultore Vincenzo Jerace, che lo immortalò in un busto collocato nel cimitero cittadino.
Francesco e Luigi Mura – Floris, membri del comitato “Pro erigendo monumento” – Un ruolo determinante all’interno del comitato, lo ebbero i fratelli Mura – Floris, l’avvocato Francesco e l’ingegner Luigi. L’avvocato Francesco (noto Zizzittu) in particolare, che ebbe nel dicembre del 1899 l’incarico dal presidente Lutzu di contattare a Napoli lo scultore Jerace, sottoporgli le richieste avanzate dal comitato e l’invito per la presentazione a Nuoro di un bozzetto di un’opera di grandi proporzioni, che rappresentasse un Cristo Redentore, lasciando ampia libertà all’artista e alla sua creatività. L’avvocato Francesco Mura – Floris, ebbe inoltre dal presidente Lutzu, l’incarico di controllare i vari stati d’avanzamento dell’opera e seguirne le varie fasi della lavorazione. Fu così infatti che sul finire del 1900, l’avvocato Mura Floris con alcuni componenti del comitato nuorese su richiesta del vescovo Demartis si recò a Napoli presso lo studio artistico di Jerace posto in via Amedeo 152, per prendere visione del monumento in argilla ancora in fase di lavorazione, prima di essere fuso in bronzo. Racconta la cronaca che con grande sorpresa il gruppo dei nuoresi col fiato sospeso e il naso all’insù si aggirò sgranando gli occhi per circa mezz’ora sotto la statua colossale del Cristo Redentore sospesa sul ponteggio. «Ma come faremo a spiegare al vescovo e ai nuoresi questa opera colossale? – commentò il Mura – Floris – » ma pochi istanti dopo impugnando un ombrello che teneva al braccio lo appoggiò sotto l’enorme piede (misura circa 70 centimetri – ndr.) e lo segnò con una tacca. Al suo ritorno a Nuoro, non trovando le parole adatte per descrivere l’opera al vescovo e ai componenti del comitato commentò: «è un’opera grandiosa, non so come spiegarvelo, pensate se il solo piede destro è grande così!». Intanto così dicendo, con il dito pollice sulla tacca mostrava l’ombrello agli increduli nuoresi.
Michele Pintore
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