Iniziamo oggi a raccontarvi la storia della Festa del Redentore, dall’ambito nel quale nacque l’idea di erigere a Nuoro un Monumento a Cristo, simbolo di fede e memoria eterna delle celebrazioni indette in occasione dell’Anno Santo del 1900, all’arrivo in città della statua e al suo trasporto in cima all’Ortobene, per passare poi in rassegna le varie edizioni di quella che diverrà una delle feste più rappresentative dell’intera Isola e gli aneddoti più curiosi ad essa legati.
Tutto ebbe inizio il 6 luglio del 1899, quando papa Leone XIII diede disposizioni al cardinale Domenico Jacobini di comunicare al vescovo di Nuoro monsignor Salvatorangelo Demartis che la sua città era stata prescelta per la collocazione di uno dei diciannove monumenti sparsi in tutta Italia per commemorare solennemente l’Anno Santo indetto per il 1900. Nelle intenzioni del Pontefice risulta che ci fu l’idea di erigere dei simboli di fede, suggerendo così delle grandi croci, cippi o lapidi commemorative; ma Nuoro volle fare di più, con la realizzazione di una statua in bronzo di grandi dimensioni del Cristo Redentore che rimanesse a memoria nei secoli del grande avvenimento.
Novembre 1899 – Viene costituito un comitato “Pro erigendo monumento”, con il vescovo Demartis presidente onorario, il canonico Pasquale Lutzu presidente effettivo, l’avvocato Francesco Mura, l’ingegner Luigi Mura, i sacerdoti Giovanni Antonio Mura e Antonio Giuseppe Solinas a l’impresario Eugenio Debernardi.
Dicembre 1899 – L’avvocato Francesco Mura viene incaricato dal comitato di contattare, a Napoli, lo scultore calabrese Vincenzo Jerace, che lui conosceva tramite il fratello di questo, Marino, incontrato a Nuoro, dove svolgeva l’attività di insegnante di educazione fisica.
13 febbraio 1900 – Jerace, accettato l’incarico, invia a Nuoro un bozzetto della statua del Cristo, che viene esposto nella chiesa cattedrale suscitando grande interesse da parte dei nuoresi.
Stando alla descrizione del tempo, il monumento avrebbe dovuto essere in parte diverso dalla statua poi realizzata. La statua del Cristo appariva infatti con i piedi poggianti sulla roccia, anziché librata in aria e poggiante sull’ampio panneggio svolazzante della versione definitiva.
Intanto, si fa appello ai sardi per la raccolta di offerte volte alla realizzazione del monumento. Il vescovo Demartis, a titolo personale, contribuì con l’offerta di 3000 lire (una cifra favolosa per allora). Nonostante il periodo di crisi attraversato dalla Sardegna, ci fu una gara di solidarietà per superare alcuni momenti difficili in cui si temette di non raggiungere l’obbiettivo. Ci fu, in seguito, un secondo invito da parte del comitato che si appello alla generosità dei sardi: «La venuta del Cristo Redentore non dovrà subire un vergognoso ritardo se voi tutti saprete corrispondere». Mancavano circa 1800 lire per raggiungere la quota stabilita, quando intervenne la scrittrice Grazia Deledda con un appello alle donne sarde per donare libri, stoffe, lavori di ricamo allo scopo di organizzare una lotteria al fine di ricavare fondi a favore della raccolta. Intanto, dal canto suo, il giovanissimo scultore Francesco Ciusa esponeva presso la vetrina del negoziante nuorese Gasperini un “Cristo dell’Ortobene”.
2 aprile 1901 – Viene collocata solennemente la prima pietra del basamento in granito realizzato dallo scalpellino Bozzetti.
9 luglio 1901 – La grande statua, fusa in bronzo presso la Fonderia artistica Francesco Braccale di Napoli, racchiusa in sei grandi casse viene imbarcata sul piroscafo Tirso con destinazione Cagliari, da dove proseguirà in treno il viaggio per Nuoro per giungervi il giorno 11.
16 luglio 1901 – Il monumento arriva a Nuoro alle ore 10, a bordo di un carro merci delle Ferrovie secondarie.
La cronaca dell’epoca racconta che i nuoresi accorsero numerosi per assistere allo storico evento; la folla era tanta nella piccola stazione di Sa e Marine (attuale piazza Italia) che molti dovettero arrampicarsi sugli alberi e sul muro di cinta. Sempre stando alla cronaca, ci fu una gran delusione dal momento che i più fortunati videro soltanto sei grandi casse di legno, da una della quale usciva un enorme braccio di bronzo su cui era incisa la scritta: “A Luisa Jerace, morta mentre il suo Vincenzo la scolpiva “(Luisa, moglie dell’artista, era morta qualche mese prima).
Burchiello (pseudonimo del giornalista Ledda della Nuova Sardegna) presente all’avvenimento, non trovando le parole adatte per descrivere la scena scrisse: «Ho misurato il pollice del Cristo, misura nientemeno che 24 centimetri di circonferenza!».
La statua, smontata, il giorno seguente è esposta all’ammirazione del pubblico presso il giardino di casa Debernardi.
11 agosto 1901 – I pezzi della statua, caricati su tre solidi carri trainati da buoi, vengono trasportati in cima all’Ortobene, dove l’inaugurazione è prevista per il 22 agosto.
18 agosto 1901 – I tempi si allungano: la prevista inaugurazione viene spostata al 29 agosto.
21 agosto 1901 – Intanto, in città fervono i preparativi per l’inaugurazione del 29 con addobbi nel corso Garibaldi e con la messa in opera di un’illuminazione a lume con dei globetti “alla veneziana”, mentre nella piazza Mazzini è eretto un’enorme padiglione. Viene inoltre allestita una grande mensa da parte dei negozianti nuoresi a favore dei poveri. La Società Strade Ferrate Sarde, dal canto suo, comunica l’entrata in vigore di riduzioni tariffarie per il viaggio di andata e ritorno a Nuoro nei giorni dal 27 al 30 agosto, e rientro entro il 2 settembre, con il preciso scopo di far affluire più gente possibile verso il centro barbaricino.
25 agosto 1901 – La città inizia ad animarsi: s’inaugura la fiera e si provvede all’assegnazione degli spazi riservati ai rivenditori ambulanti. Intanto alberghi e pensioni sono al completo.
«Anche sull’Ortobene si fa tutto con cura – comunica puntualmente il corrispondente Burchiello sul suo giornale». Sulla cima del Monte sono pronti i macchinari per la sollevazione dei pesanti pezzi che compongono il monumento. Ai lavori per la messa in opera è adibita una squadra composta da quaranta operai. A Nuoro si predispongono i fuochi artificiali e le corse a cavallo.
29 agosto 1901 – L’inaugurazione: «Non è ancora l’alba – scrive Burchiello – che il corso Garibaldi è animatissimo». Alle sei, al suono delle campane a festa, una processione si mette in cammino dalla cattedrale verso l’Ortobene; è composta da una marea di fedeli che alterna il canto dei Gosos alle preghiere in sardo nelle varie stazioni della Via Crucis segnata lungo il percorso da croci di ferro. Alle ore nove la moltitudine è già radunata in vetta all’Ortobene (si calcolano circa diecimila persone).
Il monumento del Cristo Redentore appare ancora avvolto da un enorme telo. Indossati i paramenti pontificali, il Vicario generale, can. Pasquale Lutzu, inizia la lunga celebrazione religiosa che comprende una toccante omelia di saluto e ringraziamento verso i due grandi assenti alla cerimonia: il vescovo Demartis, impossibilitato per motivi di salute, e lo scultore Jerace (a causa del recente lutto subito per la morte della moglie Luisa). «A te venerando Angelo, vescovo di questa diocesi, e a te lontano insigne genio dell’arte che fosti la massima parte del compimento dell’opera grandiosa, giungano i miei voti» – disse tra l’altro il Lutzu. Alle 12.30 la cerimonia religiosa si conclude con fragorosi applausi e la dettatura di alcuni telegrammi, tra cui quelli indirizzati a papa Leone XIII, Vittorio Emanuele III e alla regina Margherita di Savoia. Seguì un grande banchetto nei pressi della chiesetta della Madonna del Montenero.
Intanto Burchiello corre trafelato a Nuoro per telegrafare a Sassari l’articolo per il giornale: «La fantasia più ardita non arriva ad immaginare un quadro più pittoresco per luce, per movimento, per colore. Basti dire – aggiunge – che tutta la Sardegna è rappresentata, dall’arso Campidano, al verde Logudoro, con una varietà di costumi mai vista, una vera fiumana umana. Ripiglio la cronaca – aggiunge l’affannato cronista -, peccato che la ristrettezza del tempo non abbia permesso di presentare l’opera finita».
La statua infatti, tolto l’enorme telo si presentò al pubblico ancora ingabbiata dal ponteggio; da cui la pungente battuta del poeta Sebastiano Satta: «Cristo, gli ebrei ti hanno messo in croce, i preti ti hanno messo in gabbia».
Michele Pintore
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