«Siamo il Movimento Zona Franca e dobbiamo tornare ad esserne fieri, recuperando l’entusiasmo e la determinazione degli inizi».
Parla Attilio Mulas, amministratore con Maria Lucia Melis della pagina facebook Dorgali attiva pro Sardegna nuova ed attivista del comitato dorgalese per la zona franca. «Per il bene dell’intera comunità sarda dobbiamo ritrovare la spontaneità movimentista delle origini, quando l’intera Sardegna venne a conoscenza del nostro movimento apartitico. Quella spontaneità portò ogni attivista ad impegnarsi, anche con la tasca, affinchè nei diversi territori ogni cittadino fosse informato e conscio di un diritto taciuto per sessantacinque anni».
Il diritto: nel 2012 la crisi economica tocca il culmine anche in Sardegna, portando numerosi cittadini costituitisi in movimenti e comitati nati all’insegna della protesta fiscale, a riunirsi sotto un’unica proposta, la zona franca. Trattasi di un principio contenuto nello statuto autonomo sardo ed attuato mezzo secolo dopo dal decreto legislativo 75 del 1998. Nei porti di Cagliari, Porto Torres, Arbatax, Olbia, Oristano e Portovesme sono istituite zone franche, cioè luoghi in cui merci come i tabacchi, la benzina e altri combustibili sono esenti da Iva, Dazi e accise. Fino alla vigilia delle elezioni regionali il movimento, che nel frattempo individua nell’avvocato Francesco Scifo e nell’esperta fiscale Maria Rosaria Randaccio due personalità assimilabili a dei leader, giunge con una lettura estensiva e da più parti contestata della legge, a proporre una zona franca integrale estesa a tutta l’isola e la possibilità per la regione di ridurre anche la tassazione diretta.
La rottura: «È durante un’assemblea ad Orgosolo che il movimento si spacca – ricorda Mulas – La quindicina di comitati presenti quel giorno decide all’unanimità di non aderire all’alleanza con Forza Italia per le regionali, scelta comunicataci per telefono in viva voce dall’avvocato Scifo». Nelle pagine facebook e nei social forum dove il movimento è presente, emergono posizioni diverse anche sull’atteggiamento da assumere verso regione e stato, cioè se pretendere immediatamente la zona franca per tutta l’isola o la perimetrazione per i porti citati dalla legge del 1998 e per le aree industriali ad essi funzionalmente collegabili.
Nuove azioni: «Vorrei ritrovassimo lo slancio unitario di un tempo. Dovremmo ricontattare – prosegue Mulas- almeno un centinaio dei trecento e più amministratori comunali che si sono spesi per questa battaglia. Un centinaio di amministratori disposti a far valere le delibere dei consigli comunali approvate a suo tempo, dopo che un cartello/provocazione piazzato proprio qui, all’ingresso di Dorgali, proclamava il paese zona franca». Mulas cita il servizio di Videolina sull’accaduto, la marcia di Antonio Tiragallo per tutta l’isola, anche questa seguita dai media e con cui i zonafranchisti attrassero l’attenzione verso i problemi affrontati da tante famiglie ed imprese sarde. «Seguirono articoli e servizi televisivi. In uno di questi – dice ancora l’attivista dorgalese – ricordo il palese imbarazzo di Silvio Lai, leader regionale del PD, costretto ad usare la tv nazionale per negare l’innegabile, l’esistenza del diritto alla zona franca per la Sardegna». Conclude: «Torniamo alle iniziative concrete. Ad esempio, possiamo lecitamente adottare la richiesta in massa alle camere di commercio provinciali di attribuzione o riconversione del numero di partita iva all’esercizio dell’attività in regime di zona franca. Torniamo a un primo periodo che a portato a dare voce alla gente, che ha dato risultati insperati e da taluni temuti. Penso il mio sia il pensiero di ogni vero zonafranchista, desideroso di lottare per i nostri diritti senza distinzione di classe sociale e al netto dell’orientamento politico di ciascuno».
Pierfrancesco Lostia © Tutti i diritti riservati