Il signor Antonio Delitala, classe 1935, originario di Bolotana ma residente a Sassari, è salito sul banco dei testimoni puntualmente alle 14.00.
Giacca e pantaloni bianchi, cardiopatico e cagionevole di salute, nonostante tutto ha deciso ugualmente di testimoniare.
Alla domanda del presidente Demuro se sapesse qualcosa sul fatto dilettuoso o se qualcuno delle Forze dell’ordine, all’epoca dei fatti, gli avesse mai chieso di testimoniare Delitala ha risposto così: «Il giorno del delitto io non sono mai stato a Gavoi e non ho mai conosciuto ne la defunta ne il marito».
Chiarita la questione del sogno e specialmente che il 26 marzo non è mai stato celebrato alcun funerale, Delitala ha precisato che l’unico interrogatorio a cui è stato sottoposto dagli inquirenti risulta essere stato nel 2012 da parte del maresciallo dei Carabinieri Ernesto Battistotti.
Va chiarito che in realtà Battistotti è l’investigatore privato assunto dalla famiglia Rocca per svolgere delle indagini difensive ma in realtà, già in quel periodo, non ricopriva più il ruolo di maresciallo in quanto ha fondato la sua agenzia nel 1997, quindi il colloquio intercorso tra lui e il signor Delitala non si può definire un’interrogatorio utile alle finalità delle indagini.
Sicuramente l’Accusa e il Pubblico Ministero Danilo Tronci vorranno chiarire perché Delitala sia stato tirato in ballo dalla difesa e dalla sorella di Francesco Rocca, Anna.
Successivamente è stata chiamata a testimoniare l’altra sorella di Francesco Rocca, marito di Dina Dore e accusat di essere il mandante del delitto.
La dottoressa Paola Rocca, è stata lei a tirare in ballo uil compaesano Fabrizio Sedda, il quale secondo la sua testimonianza un giorno l’avrebbe fermata per strada per ribadire che il fratello non centrava niente con la morte di Dina Dore.
«Un giorno – racconta Paola Rocca – mentre uscivo dal tabacchino mi sono sentita chiamare da Fabrizio, il quale mi ha ribadito che si auspicava che l’avvocato Mario Lai (difensore di Francesco Rocca ndr), come aveva salvato la sua famiglia da una causa avuta in precedenza, salvasse mio fratello in quanto aveva la certezza che fosse estraneo ai fatti».
Paola Rocca poi ha proseguito dicendo che Sedda gli ha confessato che non poteva dire di più e facendo il gesto con la mano verso la gola le fece capire che si sentiva minacciato da qualcuno temendo anche l’incolumità della sua famiglia.
«Non ti chiedo soldi per questo ma un posto di lavoro» avrebbe concluso così il suo discorso con la Rocca sempre secondo il resoconto di quest’ultima.
La testimonianza della sorella del presunto mandante si è conclusa in questo modo: «una volta finito di parlare con Sedda, salii in auto e vidi lo zio di Stefano Lai, (l’amico di Pierpaolo Contu e colui che lo ha accusato di essere l’esecutore materiale del delitto ndr), l’edicolante Giuseppe Soru, il quale, una volta visto che avevo messo in moto, prese la sua autovettura e per un tratto di strada lo vidi che procedeva dietro di me; solo dopo ebbi la sensazione che mi stesse seguendo».
La prossima udienza è fissata per giovedì prossimo, sul banco dei testimoni salirà proprio Fabrizio Sedda.
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