Vivono senz’acqua in casa da 13 mesi
La routine nuorese questo pomeriggio è stata animata da un curioso caso di protesta, messo in atto da un giovane venticinquenne.
Intorno alle quindici è sceso in strada e si è messo a sedere al centro della rotonda che regola il traffico davanti all’Ospedale Zonchello. Arrivano le forze dell’ordine e con loro gli organi di informazione al ché il giovane si trasferisce prima sul marciapiede poi, dietro sollecito degli agenti di Polizia, mette fine in maniera pacifica alla sua protesta.
Questo è quanto hanno visto oggi passanti e automobilisti, increduli e incuriositi. Sicuramente non immaginano cosa ci sia dietro i singolare gesto del figlio di Mario Giuseppe Porcu e Gabriella Gualà, lui capo cantoniere dell’ANAS e lei casalinga, residenti insieme ai due figli nella casa cantoniera prospiciente l’ingresso dello Zonchello. Paolo, il protagonista della vicenda, ci racconterà poi che insieme a loro vive anche la sua ragazza, Serena, la quale tra circa un mese darà alla luce due gemelli e al momento è ricoverata in ospedale per controlli.
«Nello stabile, fino a pochi anni fa, vivevano altri due nuclei famigliari di cantonieri; andati in pensione, questi sono stati costretti ad abbandonare l’edificio. Tra qualche anno la stessa sorte toccherà anche ai noi».
La vicenda è alquanto intricata e a quanto pare senza soluzione. Alla base c’è un caso di morosità, come tanti in tempi di crisi, nei confronti di Abbanoa per bollette insolute.
E questo è l’antefatto.
Quando l’Ente gestore delle risorse idriche fa i suoi calcoli e presenta il conto, questo è salatissimo: quasi diecimila euro (per la precisione 9264,23 euro), riferibili al periodo 2002-2012.
Il 9 settembre del 2011 Abbanoa intima con un telegramma all’intestatario dell’utenza di mettersi in contatto con i loro uffici per estinguere il debito, diversamente saranno costretti a interrompere il servizio. Pochi giorni dopo i Porcu chiedono una rateizzazione, regolarmente protocollata, che però, raccontano, non viene neanche presa in considerazione.
Nei mesi successivi Abbanoa prima comunica che saranno decurtati dal totale circa 5000 euro, e che ne rimangono da pagare circa 2000,00 rateizzati in tre soluzioni. I bollettini però arrivano già scaduti, per cui loro risultano comunque morosi.
Alla fine di novembre del 2012 arrivano gli operai di Abbanoa, entrano nella proprietà e staccano letteralmente il contatore dell’acqua lasciano la famiglia a secco.
Si va in causa e il giudice dà ragione a Abbanoa condannando la famiglia a pagare i circa diecimila euro chiesti all’inizio. Con lo stipendio del capofamiglia (1200,00 euro) è impensabile estinguere il debito. I Porcu insistono, si rende disponibile a pagare, ma non i diecimila euro, bensì i circa duemila risultanti dalla decurtazione.
Abbanoa non vuole sentire ragioni. Gli amministratori (Sindaco e Prefetto) nemmeno.
Passano i mesi, intanto la famiglia è costretta a approvvigionarsi di acqua alla fontana di Corte e per lavarsi si appoggia ai parenti (la nonna dei ragazzi). Non essendoci l’acqua corrente, la situazione igienica della casa e in particolare del bagno si fa drammatica; fuori di casa la fogna è a cielo aperto, rendendosi necessario intervenire periodicamente per liberarne lo scarico.
Oggi Paolo, all’ennesima porta in faccia ricevuta dagli amministratori ai quali si era rivolto con la madre per chiedere un aiuto, non ce l’ha fatta: subito dopo pranzo ha preso una sedia, è uscito di casa e ha inscenato la sua singolare protesta sedendosi al centro della rotonda per attirare l’attenzione sulla vicenda. Il resto ormai è cosa nota.
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RICORDIAMOCI DI QUESTE COSE TRA UN PO CI SONO LE ELEZIONI. PULITE BENE PER I ROM, CHE TANTO ABBANOA A QUELLI NON GLI FA’ PAGARE NULLA… E SE QUALCUNO DICESSE CHE NON C’ENTRA NULLA CI PENSASSE BENE …
Non entrando nel merito della faccenda (ciascuno di noi, per il proprio conto, sa quante e quali difficoltà incontra nell’assolvere di volta in volta i “debiti tributari”, luce, acqua, gas, telefono… e chi li conta più?, questo però non autorizza nessuno a ritenersi libero da tale genere di dovere), c’è da chiedersi cosa pensare di una comunità in cui per avere voce è necessario scendere, e questa volta davvero, sedere in mezzo a una strada. Stupisce poi che una protesta tanto insolita (e assai pericolosa per tutti, sia per il diretto interessato, prossimo padre di una coppia di pargoletti, sia per gli ignari automobilisti che quel padre avranno rischiato di mandare al Padreterno!) quanto pacifica abbia reso necessario un tale dispiegamento di forze pubbliche in una città in cui continuano impunemente a verificarsi, oramai con una frequenza che sa di routine, atti vandalici (non per essere scontati, ma la questione “piazza Satta” ancora deve essere risolta) che fanno male agli occhi e al cuore.