Graziano Mesina a 78 anni è di nuovo latitante e Orgosolo è tornata ad essere sotto assedio delle forze dell’ordine come ai vecchi tempi.
Polizia e Carabinieri lo cercano ovunque con posti di blocco, interrogatori e perquisizioni, le prime stanotte a casa delle due sorelle di Mesina: Peppedda, nella cui casa Mesina ha vissuto nell’ultimo anno, e Antonia.
Ma dell’ex primula rossa del Supramonte non c’è traccia. In paese ha passato serenamente l’ultimo anno. Attraversava corso Repubblica tutti i giorni verso le 18 per andare a firmare dai Carabinieri, un appuntamento che ha mancato solo ieri. Nulla lasciava presagire, data anche l’età, una nuova fuga.
C’è da capire se Mesina abbia deciso davvero di darsi alla latitanza o se questo sia l’ultimo colpo di teatro prima di consegnarsi nelle mani delle forze dell’ordine.
Graziano Mesina ieri ha atteso la sentenza a Orgosolo con al suo fianco l’avvocato Maria Luisa Vernier, mentre l’altra legale Beatrice Goddi discuteva a Roma in Cassazione. Ma poi nel tardo pomeriggio, quando sembrava che la data della sentenza dovesse essere rinviata, l’avv. Vernier è tornata a Cagliari e Mesina è rimasto solo a casa.
I due legali sono rimasti spiazzati dalla fuga del loro assistito, ma per il momento preferiscono non commentare sul punto. Goddi dice: «Non ci aspettavamo il rigetto del ricorso perché c’erano dei punti relativi alla competenza territoriale su cui noi puntavamo. Il reato più grave era l’associazione a delinquere relativa a Orgosolo e il giudice competente per il procedimento doveva essere quello di Nuoro, per questo pensavamo di spuntarla. Anche Mesina era ottimista – conclude la legale – e attendeva la sentenza serenamente».
L’ex Primula Rossa del banditismo sardo era stato scarcerato tra le polemiche il 7 giugno 2019 e aveva fatto ritorno a Orgosolo, suo paese natio, dopo sei anni trascorsi nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros. Fu liberato per decorrenza dei termini di custodia cautelare a causa del mancato deposito delle motivazioni della sentenza di condanna in appello a 30 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga.
Le motivazioni arrivarono poi a ottobre dello stesso anno: 174 pagine scritte dal presidente della Corte d’appello di Cagliari Giovanni Lavena in cui si stabiliva che il ricorso presentato dalle avvocate dall’ex primula rossa del banditismo sardo, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, non scalfiva il quadro probatorio raccolto dalla Direzione distrettuale antimafia che in primo grado portò alla condanna dell’imputato a 30 anni, sentenza confermata poi in appello.
Per queste accuse Mesina era stato arrestato il 10 giugno 2013, a seguito di un blitz delle forze dell’ordine con l’arresto di due bande (26 affiliati in tutto, tra Orgosolo, Cagliari e la penisola).
Sino a quel giorno, e per nove anni, Mesina – dopo il suo passato da protagonista nel banditismo sardo di delitti ed evasioni – era stato di nuovo un uomo libero a seguito della concessione della grazia nel 2004 da parte dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Mesina era tornato a vivere nella sua Orgosolo dove aveva iniziato una nuova vita facendo anche la guida turistica nel Supramonte.
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Il fuggitivo Graziano Mesina ha anticipato, con la fuga, l’arrivo dei Carabinieri che avrebbero dovuto condurlo in carcere, dopo la sentenza pronunciata dalla Suprema Corte di Roma comminata in 30 anni di reclusione.
Un ripensamento dell’ormai latitante Mesina a costituirsi pare poco credibile; ci si augura che la buona sorte conduca i Carabinieri ad una veloce, quanto mai inaspettata, cattura.
Grazie!…-